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"La straordinaria vita di Ibelin" verso gli Oscar: quando un avatar ti salva la vita

Il doc di Benjamin Ree su ragazzo disabile che vive grazie a ‘World of Warcraft’

11 gennaio 2025 | 12.30
LETTURA: 3 minuti

“Sono il male”. Quando si parla di videogiochi si sente dire spesso questa frase. Eppure un avatar può salvare la vita. È il caso di Mats: un ragazzo norvegese, nato con la distrofia muscolare di Duchenne, che è riuscito a creare attorno a sé una comunità all’interno dell’universo di ‘World of Warcraft’. Se nella società si sentiva ‘disconnesso’, attraverso un avatar - di nome Ibelin - ha scoperto la connessione umana, trovando la sua voce e il suo posto nel mondo. A raccontare la sua storia è Benjamin Ree, nel documentario Netflix ‘La straordinaria vita di Ibelin’, in lizza per portarsi a casa una nomination agli Oscar nella categoria Miglior documentario. “Mats prima di morire all’età di 25 anni aveva un desiderio, quello di essere ricordato. Che sia solo la nomination o anche la vittoria, spero che molte più persone conosceranno la sua storia”, dice il regista Benjamin Ree nell’intervista in esclusiva all’Adnkronos.

Se la vita reale gli ha negato le risate con un amico, le prime cotte o pulsioni sessuali, le marachelle con gli amici o i sentimenti, quella digitale attraverso il biondo e possente Ibelin ha dato a Mats tutto questo. Lì, in quelle terre di ‘World of Warcraft’ senza pietismi per la sua condizione, ha vissuto avventure indimenticabili, ha stretto amicizie e relazioni amorose autentiche e tangibili. Anzi, molto di più. Quel videogioco ha rappresentato per lui la sua esistenza tra crescita e tutte le normali tappe dell’adolescenza. “Credo che sia necessario raccontare storie del mondo reale con persone straordinarie e normali. Non possiamo conoscere storie di celebrità”, riflette il regista, “e nel caso di Mats ho colto l’occasione per invitare tutti ad entrare nel mondo dei videogiochi rendendolo comprensibile perfino per mia nonna”. Non solo per tentare di accorciare le distanze tra giovani e adulti, ma anche “per mostrare come il mondo dei videogiochi sia più inclusivo della realtà”.

Il documentario, che unisce animazione, interviste e dialoghi che Mats/Ibelin e i suoi compagni si scambiavano durante le sessioni di gioco, “è la mia lettera d’amore ai videogiochi”, spiega Benjamin Ree, “e con questo non voglio dire che i videogiochi non abbiano degli aspetti negativi. Il bene e il male è in tutte le cose che ci circondano”. In questo caso “il mondo virtuale è inclusivo perché a nessuno importa del tuo aspetto fisico. Qui contano i cuori e le menti”. Per Mats, infatti, la realtà virtuale “non è uno schermo. È una porta verso qualunque luogo desideri il tuo cuore”, si legge sul suo blog. Anche Ibelin è stato salvifico per qualcuno. Nel doc si racconta come per molti utenti, lui sia stato di aiuto in momenti bui, come depressione, senso di inadeguatezza o per sciogliere tensioni tra una madre e suo figlio autistico. “Durante una delle prime proiezioni del film al pubblico, un 15enne è venuto da me in lacrime. Mi ha detto ‘non ho amici nella vita reale, quelli che ho sono nel gioco. Grazie mille per aver realizzato questo film, ora posso mostrarlo ai miei genitori cosicché possano capire meglio la mia vita’. Per me è stato estremamente commovente”, ricorda il regista, che grazie a ‘La straordinaria vita di Ibelin’ ha imparato molte cose. “Mi ha colpito la sua propensione all’ascolto e la sua sincerità nel chiedere sempre a tutti ‘come stai?’. Mats/Ibelin voleva sapere davvero come stessero le persone. Penso che questi siano gesti che rendano gli essere umani più vicini gli uni agli altri. E di questi tempi sono necessari”, fa notare il regista, che da ora in avanti cercherà "di portare un po’ di Mats nelle relazioni con gli amici” suoi, conclude. (di Lucrezia Leombruni)

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