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Biometano, potrebbe coprire 12% consumi gas

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11 ottobre 2018 | 12.13
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La produzione di biometano (biocombustibile che si ottiene dagli scarti di biomasse di origine agricola e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante da raccolta differenziata) nel solo settore agricolo potrebbe coprire il 12% dei consumi attuali di gas in Italia con evidenti vantaggi ambientali e economici.

Secondo il Comitato Termotecnico Italiano il biometano è in grado, infatti, di evitare l’immissione di gas serra di almeno il 75% rispetto ai combustibili fossili, un contributo fondamentale all'obiettivo di contenimento del surriscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi centigradi come auspicato dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).

Senza contare poi che dall’intero processo, oltre alla produzione di energia verde, si ottiene un ammendante utile a ridare fertilità ai suoli impoveriti dall'agricoltura intensiva. E che il biometano è una grande opportunità economica per i territori, anche in relazione alla creazione di nuovi posti di lavoro. E' quanto emerso oggi nel corso della seconda conferenza nazionale "L’era del biometano", promossa da Legambiente a Bologna.

Ma per puntare sul settore, bisogna da una parte superare le carenze normative (prime fra tutte quelle sulla distinzione tra "sottoprodotto” e "rifiuto” e i limiti all’utilizzo agronomico del digestato previsti dal Decreto Mipaaf 5046), e poi realizzare nuovi impianti con processi partecipativi e di coinvolgimento della cittadinanza.

"Occorre partire con la realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano per il trattamento della frazione organica, a partire dalle regioni del centro sud Italia che oggi ne sono carenti, nonostante l’umido rappresenta il 30-40% del totale dei rifiuti prodotti - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - e affiancare con questa tecnologia anche gli impianti di compostaggio aerobici esistenti, per ottimizzare il processo"

Secondo l’European Biogas Association, oggi in Europa vengono prodotti 1,23 miliardi di mc annui, grazie ad oltre 17mila impianti a biogas per 8.728 MWe complessivi. Con un potenziale, secondo il Consorzio Gas for Climate, di oltre 120 miliardi di mc all’anno entro il 2050 in grado di generare risparmi di 140 miliardi di euro nello stesso periodo, rispetto a un’alternativa tutto elettrico.

In Italia, a fine 2017, si contavano 1.920 impianti operativi, di cui 1.460 nel settore agricolo e 460 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione, per una potenza complessiva di 1.400 MWe, di cui poco meno di 1.000 nel comparto agricolo. Una potenza che colloca l’Italia al quarto posto a livello mondiale dopo Germania, Cina e Stati Uniti.

Stando ai dati relativi al 2016 riportati nell’ultimo rapporto Cic 2018 (Consorzio italiano compostatori), l’organico rappresenta il 41% dei rifiuti raccolti attraverso la differenziata in Italia e la frazione umida è in costante aumento, con un +10% all’anno negli ultimi 10 anni, fino ad arrivare oggi a coprire 35 milioni di cittadini con circa 6,5 milioni/tonnellate all’anno raccolte in maniera differenziata (tra "umido” e "verde”).

A fronte di tutto questo gli impianti di digestione anaerobica trattano circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti organici e sono localizzati quasi esclusivamente nel nord Italia. Grazie a tutta la frazione organica del rifiuto solido urbano, secondo le stime di Enea, in Italia sono producibili, al 2030, da 430 a 860 milioni di metri cubi di biometano. Ovvero dallo 0,6% all’1,1% dell’attuale consumo di gas.

Per quanto riguarda il settore agricolo, invece, le stime del Consorzio Italiano Biogas e Crpa, parlano di un potenziale al 2030 di 8,5 miliardi di metri cubi di biometano (considerando la disponibilità ad esempio di biomasse di scarto di origine agricola e zootecnica o biomasse vegetali e sottoprodotti,): in pratica il 12% del consumo di attuale di gas in Italia.

Legambiente ricorda infine che la produzione del biometano può e deve avvenire nel rispetto della biodiversità e della funzione di stoccaggio del carbonio svolta da foreste e dai terreni coltivati e che il suo consumo avviene quasi senza ulteriori emissioni climalteranti. Chimicamente uguale al metano fossile (o gas naturale) è utilizzabile in miscela o in sostituzione del gas e può quindi essere distribuito nei metanodotti e in città.

Numeri non da poco se si considera che al 2030 il 27% del consumo finale lordo di energia dovrà essere prodotto da fonti rinnovabili; al contempo, le emissioni di CO2 dovranno ridursi del 40% entro il medesimo orizzonte temporale e dell’80% entro il 2050 rispetto ai valori registrati nel 1990. Lo stesso vale per il settore trasporti che entro il 2020 dovrà coprire il 10% del fabbisogno energetico attraverso fonti rinnovabili.

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