La ricchezza netta delle famiglie italiane rimane stabile sui livelli del 2012 attestandosi a 9 volte il reddito disponibile, dato superiore alla media dei Paesi dell’area euro, che è di 8 volte. Il tasso di risparmio lordo continua però a calare e ad attestarsi al di sotto della media dell’area euro. Quanto all'indebitamento, i nuclei familiari in Italia sono i più virtuosi, registrando a fine 2017 un rapporto debito/Pil pari al 40% a fronte di poco meno del 60% per la media dell’area euro. E' quanto emerge dal rapporto della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2018.
Riguardo il tasso di risparmio lordo, si legge nel rapporto, a fine 2017 risultava pari al 9,7%, a fronte dell’11,8% della media dell’Eurozona (nel 2004 aveva raggiunto il 15%, superando la media area euro di un punto percentuale). La crisi del 2007-2008, ricorda la Consob, ha segnato un punto di caduta che sembrava destinato al recupero tra il 2012 e il 2014, rivelatosi poi solo temporaneo.
Con riferimento alle scelte di portafoglio, invece, Italia ed Eurozona continuano a registrare il tradizionale divario nel peso della componente assicurativa e previdenziale, che nel contesto domestico rimane più contenuto anche se in crescita, e dei titoli obbligazionari, comunque in diminuzione.
Per quanto riguarda l’inclusione finanziaria, prosegue il rapporto, la diffusione di alcuni prodotti e servizi bancari (conto corrente, carta di credito e carta di debito) vede l’Italia in linea con la media dell’area euro, grazie all’incremento registrato nel periodo 2011-2017. In alcuni casi rimane un più accentuato gap di genere, che vede ad esempio carte di credito e di debito meno diffuse tra le donne, mentre si sta riassorbendo il gap per livello di istruzione e per livello di reddito.
Sono meno incoraggianti i dati relativi alla familiarità con gli strumenti di pagamento digitali, che vedono le famiglie italiane meno abituate a utilizzare il telefono mobile o internet per i pagamenti (poco più del 20% contro il 45% in Eurozona) e maggiormente ‘polarizzate’ in funzione di genere, reddito, livello di istruzione e occupazione.
FAMIGLIE ITALIANE NON PIANIFICANO - La maggior parte delle famiglie italiane si caratterizza per una capacità ancora contenuta di pianificazione e monitoraggio delle scelte finanziarie: il 40% circa non tiene un bilancio familiare, il 70% delle famiglie dichiara di controllare le spese, ma solo il 30% ne tiene traccia scritta. Solo un terzo dichiara di avere un piano finanziario e di controllarne gli esiti.
Secondo quanto emerge dallo studio, le famiglie intervistate risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) in meno del 40% dei casi e in modo occasionale nel 36% dei casi, il 25% non accantona nulla, soprattutto per vincoli di bilancio. In generale, spiega la Consob, il risparmio regolare è più frequente tra i soggetti più abbienti; rilevano tuttavia anche le conoscenze finanziarie e le competenze percepite, l’abitudine a pianificare e talune inclinazioni (tra cui l’auto-efficacia, l’ansia finanziaria e l’avversione alle perdite).
In merito alle competenze di calcolo, strumento indispensabile per l’accrescimento della cultura finanziaria, solo il 23% degli intervistati mostra di avere familiarità con il concetto di probabilità. E infatti, emerge dallo studio, le conoscenze finanziarie delle famiglie italiane rimangono contenute: le nozioni di base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, mutui, interesse composto) sono comprese da circa il 50% degli intervistati, mentre per i concetti più avanzati (relazione prezzo/tassi di interesse delle obbligazioni e rischiosità delle azioni) si registrano meno del 20% di risposte corrette. Però gli investitori rispondono meglio: ad esempio, alle domande su inflazione e relazione rischio/rendimento rispondono correttamente 7 investitori su 10, a fronte di 5 non investitori su 10.
CHI POSSIEDE ATTIVITÀ FINANZIARIE - Stando al rapporto della Consob, alla fine del 2017, il 29% delle famiglie possedeva almeno un’attività finanziaria. A pesare di più nella composizione di portafoglio sono i fondi comuni e i titoli di Stato italiani (dopo i depositi bancari e postali). Gli investimenti etici e socialmente responsabili (Sri) sono invece ancora poco conosciuti e poco attrattivi: più del 60% degli intervistati, infatti, dichiara di non averne mai sentito parlare e meno di un terzo manifesta interesse dopo essere stato informato degli elementi che in astratto li qualificano.
I comportamenti nel processo di investimento, si legge, mostrano ancora numerose criticità. La maggior parte degli intervistati dichiara di assumere le informazioni utili per l’investimento dal funzionario di banca e solo il 25% degli intervistati fa riferimento al prospetto finanziario. La maggioranza del campione ricorre ai consigli di amici e parenti (cosiddetta consulenza informale), poco più del 20% si affida alla consulenza professionale o delega un esperto, il 28% sceglie in autonomia. Inoltre, il 40% non monitora i propri investimenti.