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Coronavirus, studio italiano: "Viene dai pipistrelli e muta poco"

Università Alma Mater guida la più grande meta-analisi finora condotta, 56 genomi a confronto

(Fotogramma)
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06 febbraio 2020 | 19.40
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Il nuovo coronavirus cinese 2019-nCoV viene dai pipistrelli ed è poco mutabile. Il "dato ottimistico" arriva dall'università degli Studi 'Alma Mater' di Bologna, che ha messo a confronto "i genomi dei 56 coronavirus finora sequenziati da vari laboratori nel mondo", inclusi quelli dei due turisti cinesi con infezione confermata, ricoverati all'Istituto nazionale per le malattie infettive 'Lazzaro Spallanzani' di Roma. "Si tratta dello studio più esteso di genomica comparativa per questo nuovo virus finora realizzato", annunciano dall'ateneo. Il lavoro, pubblicato sul 'Journal of Medical Virology', è stato guidato da Federico M. Giorgi, ricercatore di bioinformatica al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'università di Bologna.

Per prima cosa gli autori della meta-analisi hanno confermato "la probabile origine del coronavirus da una variante animale: il parente più stretto dei virus isolati in queste settimane - spiegano - corrisponde infatti alla sequenza EPI_ISL_402131 di un coronavirus di Rhinolophus affinis, un pipistrello asiatico di medie dimensioni, rinvenuto nella provincia dello Yunnan (Cina). Il genoma del nuovo coronavirus umano condivide almeno il 96,2% di identità con il suo probabile progenitore nel pipistrello, mentre si discosta molto di più dal genoma del virus umano responsabile della Sars (sindrome respiratoria severa acuta), con una somiglianza dell'80,3%".
I ricercatori hanno inoltre scoperto che "tutti i coronavirus umani sequenziati fino ad oggi sono molto simili fra di loro, anche se provenienti da regioni diverse della Cina e del mondo: tutti i genomi ottenuti dai pazienti infettati dall'inizio dell'epidemia condividono un'identità di sequenza superiore al 99%". Lo studio, tuttavia, ha anche "identificato per la prima volta - evidenziano dall'università di Bologna - un singolo punto di elevata variabilità nelle proteine del virus, con l'esistenza di due sottotipi virali. Questi differiscono per un singolo aminoacido in grado di cambiare sequenza e struttura nella proteina accessoria ORF8, una componente del virus che non è ancora stata caratterizzata".

"Il virus è poco eterogeneo e mutabile: un dato ottimistico". Soprattuto perché "il fatto che la popolazione virale sia uniforme ci dice che un'eventuale terapia farmacologica dovrebbe funzionare su tutti", spiega Federico M. Giorgi, ricercatore di bioinformatica al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'università di Bologna, che ha guidato lo studio.

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