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Il monito del pediatra: "No a diete povere, gravi danni per bimbi"

08 agosto 2020 | 14.33
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L'allerta arriva da Andrea Vania, professore aggregato di Pediatria all’Università Sapienza di Roma e responsabile del centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria

(Fotogramma)
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No alle diete 'povere' nei bambini, quelle carenti di proteine e vitamine, perché a differenza dell'adulto, nella fase di crescita la mancanza di alcuni importanti elementi nutrizionali può portare conseguenze sulla salute in tempi abbastanza rapidi, fino a provocare danni permanenti che incidono sullo sviluppo neurocognitivo e psicomotorio. L'allerta arriva da Andrea Vania, professore aggregato di Pediatria all’Università Sapienza di Roma e responsabile del centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell’ateneo romano, che sottolinea come, in particolare "la carenza di vitamina B12, contenuta soprattutto negli alimenti di origine animale, danneggia in brevissimo tempo lo sviluppo psicomotorio dei più piccoli".

"Mentre nell’adulto perché ci siano dei danni visibili e conseguenze sulle salute possono essere necessari anche anni, quindi la persona può non rendersi conto che ci sono delle carenze - spiega Vania all'Adnkronos Salute - nel caso di organismi in crescita, feto e poi bambino piccolo, le carenze tendono a dare delle conseguenze in tempi abbastanza rapidi. Noi non abbiamo un vero deposito della vitamine B12, essendo una vitamina idrosolubile - ricorda Vania - però in qualche modo l’organismo di un adulto riesce ad utilizzarla con una tale parsimonia che prima che si abbiano danni passano davvero anni: è stato calcolato che servano dai 5 ai 7 anni, e si manifestano soprattutto come anemia".

"Nel bambino piccolo, così come nel feto invece - sottolinea - la B12 è particolarmente importante per lo sviluppo neurologico. In quelli che sono chiamati 'i primi mille giorni' si ha la gran parte dello sviluppo neurologico: ogni momento l’intero periodo è talmente critico che se si manifestano danni, questi difficilmente possono essere corretti a posteriori. Nel caso della B12 poco si può fare per correggerli - avverte il pediatra - quindi il bambino finisce per avere un danno neurologico permanente". Danni permanenti nello sviluppo neuro-cognitivo e psicomotorio dei bambini, confermati anche dai più recenti studi.

Proprio ai rischi che una dieta povera di vitamine e proteine può comportare sui bimbi, la Società italiana pediatria preventiva e sociale (Sipps), insieme alla Federazione italiana medici pediatri (Fimp), alla Federazione italiana di medicina dell’adolescenza (Fima) e alla Società italiana di medicina perinatale (Simp), hanno dedicato il Position paper "Diete vegetariane in gravidanza e in età evolutiva", che rappresenta al momento il lavoro più completo sull’argomento, attualmente in fase di aggiornamento.

"La dieta migliore resta quindi quella mediterranea", secondo Vania che ne è grande sostenitore, perché "è uno dei migliori esempi di dieta - spiega - che è sia adeguata sia sostenibile anche da un punto di vista ambientale. La dieta mediterranea vera (non quella che segue la maggior parte di noi, che è molto spostata verso l’eccesso proteico) - precisa - prevede piccole quantità di proteine animali, non le prevede tutti i giorni ma ci sono. E contiene praticamente di tutto, ogni tipo di cereali, tutti i tipi di verdure e tutti quelli di frutta. E’ uno schema di alimentazione che non solo può essere seguito da chiunque - aggiunge - ma che è probabilmente tra i migliori al mondo. D’altra parte - ricorda - se è stata inserita dall'Unesco nel patrimonio immateriale dell’umanità ci sarà pure una ragione".

Sono tre i 'cardini' ai quali una dieta corretta deve rispondere, spiega l'esperto. "Equilibrio, il che significa che non posso mangiare solo una cosa; varietà: più la nostra dieta è variata e più è facile coprire in qualche modo i fabbisogni, perché nell'alimentazione la monotonia non fa che aggravare gli errori, e moderazione, cioè non mangiare chili di un alimento solo perché ci piace e fa bene".

Quanto alle diete vegetariane o vegane in genere, "il problema principale non è di per sé la dieta - sostiene Vania - ma l’appropriatezza degli apporti; il che dipende non solo da come la dieta viene strutturata ma anche dall’avere consapevolezza che possono essere necessari una serie di aggiustamenti con l’uso di integratori di varia natura perché altrimenti quelle carenza nutrizionali vanno ad esplicitarsi".

Secondo l'esperto, inoltre, "c’è un problema di fondo collegato alla tipologia della persona vegetariana". Ovvero "i vegetariani o vegani che lo sono per cultura ancestrale, familiare, sanno mettere bene insieme le cose e hanno pochi danni, anzi spesso non ne hanno per niente. Quelli 'd’accatto' invece, non avendo spesso alle spalle una cultura nutrizionale che li sostenga, fosse anche da tradizione, non hanno contezza della pericolosità del fare o non fare certe cose".

E ancora, per quanto riguarda le diete vegetariane o vegane, "di per sé dal punto di vista delle proteine non ci sarebbero problemi - spiega - perché le proteine vegetali possono comunque essere accoppiate correttamente in modo tale che non vi sia una carenza". I problemi sorgono rispetto "a diete, frequenti soprattutto nella società occidentale, che spesso sono troppo ricche di carboidrati semplici, oppure al contrario di troppe fibre. La cosa più importante allora, se una persona decide, anche con motivazione etiche, un tipo di dieta particolare, ad esempio una delle tante varietà di dieta vegetariana - raccomanda Vania - è che, per evitare che facciano errori, queste persone si facciano guidare da esperti competenti o nutrizionisti, che non siano 'di parrocchia', cioè ideologicamente schierate", conclude.

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