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Lo chef Valbuzzi: "Gusto e nutrimento con ricette in equilibrio"

Su progetto ‘Sapori legami autonomia’, ‘ lavoriamo su consistenze dei piatti per facilitare autonomia in pazienti con disfagia’

Lo chef Valbuzzi:
09 settembre 2024 | 11.23
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Nel mettere a punto una ricetta per persone con Sla, Sclerosi laterale amiotrofica “bisogna valutare le difficoltà dovute alla paralisi nervosa”, quindi “la difficoltà di deglutizione oppure una difficoltà di digestione di alcuni elementi, di uso delle posate. Creare delle ricette che tengano conto di tutti questi aspetti è sicuramente una parte complicata, ma grazie alle tecniche della cucina, nulla di esagerato, si può riuscire a trovare quell'equilibrio che possa aiutare poi il paziente a mangiare con più facilità, a digerire e ad assorbire i principi nutritivi che servono per far fronte alla malattia” e superare i limiti fisici che impone. Così Roberto Valbuzzi chef e conduttore televisivo, all’Adnkronos racconta della sua partecipazione al progetto “Sapori. Legami. Autonomia”, una selezione di ricette promossa da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), Slafood e Zambon Italia con la collaborazione scientifica dei Centri clinici Nemo, per rendere piacevole l’alimentazione compromessa dalla disfagia, la difficoltà a deglutire di cui soffrono le persone con questa malattia neurodegenerativa rara.

Nella ricetta messa a punto per il progetto che declina diversamente la sigla Sla, lo chef ha unito “carote ai probiotici del kefir” lavorando su “consistenze morbide - spiega Valbuzzi - Sono una serie di requisiti che fanno diventare questa una ricetta ‘un po' superfood’ che aiuta, tramite il cibo”, la lotta “contro malattie così aggressive” ritrovando il “gusto” della tavola. La mia collaborazione con Slafood nasce anni fa. Davide (Rafanelli, fondatore e presidente Slafood, ndr) mi aveva raccontato un pochino della sua malattia. Noi ci eravamo conosciuti anni prima, tramite un amico comune. Il nostro rapporto è nato scambiandoci quelle che erano le eccellenze territoriali”. Dopo la scoperta della malattia “Davide mi ha detto che voleva lasciare un segno ai suoi cari, ma anche a tutte le persone affette da Sla. Ho dato la mia disponibilità per quello che potevo fare - aggiunge - Da qui nasce la creazione di alcune ricette. L'ultima è, appunto, la crema di carote, in cui ho messo insieme un po' di mie esperienze precedenti.

Il cibo “è fondamentale - sottolinea Valbuzzi - È uno dei piaceri nella vita; quindi, tutte le persone che soffrono di malattie” che compromettono la capacità di alimentarsi possono presentare problemi a livello fisico, ma risentire di un forte impatto anche a livello “psicologico”. Grazie alla collaborazione con “medici ed esperti nel campo food e nelle malattie” siamo riusciti a “realizzare delle ricette” che superano certi limiti. “Diamo l'opportunità di vivere il cibo - precisa - con una freschezza, una gioia” che fanno “stare meglio perché”, nonostante la Sla, “il paziente riesce ancora a godere del cibo, gioire del momento della tavola, come al ‘pranzo della domenica’, che per noi italiani è molto importante”.

La Sla incide fortemente sull’autonomia della persona: “ho visto e toccato con mano” - rimarca lo Chef - come la malattia vada appunto a rendere non più autonoma una persona. Banalmente, tramite le consistenze o la facilità di consumo del piatto”, si riesce “a dare più autonomia”. Ad esempio, nel problema della coordinazione degli arti e nella deglutizione, evitando di “dover tagliare le cose all'interno del piatto” e lavorando con “delle consistenze già ben precise, si aiuta sicuramente l'aspetto psicologico, di queste persone, nel sentirsi ancora capaci. Più i pazienti si sentono autonomi e più acquisiscono una forza psicologica che permette, secondo me, di creare veramente un forte contrasto con la malattia perché si dà l'opportunità del ‘sentirti ancora tu’”. Ma attenzione “per mettere a punto le ricette più adatte ai pazienti che affrontano queste problematiche”, c’è un “ingrediente segreto: è l'unione, la squadra di professionisti, medici, pazienti e chef” che lavorano per “mettere insieme un po' tutti quegli aspetti che, possono sembrare marginali, ma che in realtà - conclude - sono quei dettagli che fanno la differenza nel piatto”, ma anche nella vita.

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