Intelligenza artificiale e dermatologia: un aiuto concreto per diagnosi più rapide e mirate delle lesioni dermatologiche e nel corretto utilizzo dei farmaci secondo la medicina delle 4 p, ovvero personalizzata, predittiva, preventiva e partecipativa. Ma anche un supporto strategico alla preparazione dei dermatologi attraverso le nuove modalità di formazione legate all'Ai. Sono solo alcune delle grandi opportunità che proiettano la dermatologia nel futuro, a patto però che si crei a tutti i livelli - anche normativo - una task force multidisciplinare dedicata alla formazione dei medici e di tutte le categorie interessate sull’uso consapevole ed informato dell’Ai che, se non compresa e ben utilizzata, può diventare estremamente rischiosa. E' il messaggio lanciato dagli esperti presenti al 98esimo Congresso nazionale della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse (Sidmast), che si conclude oggi a Giardini Naxos (Me).
"Per essere in grado di poter beneficiare o ancora meglio di utilizzare l’ intelligenza artificiale in modo attivo è necessario prima di tutto avere una formazione adeguata – spiega Pietro Rubegni, docente di Dermatologia dell’Università di Siena – per ottenerla è importante organizzare e creare team multidisciplinari dove i giovani dermatologi si confrontano quotidianamente con biostatistici, bioingegneri e biologi. È quanto peraltro stiamo portando avanti nella dermatologia a Siena che già per tradizione collabora in modo stretto con la bioingegneria da oltre 30 anni, prima con Gabriele Cevenini e da circa cinque anni anche con la Alessandra Cartocci, biostatistica e socia fellow della Sidemast. Grazie a questo lavoro di grande collaborazione abbiamo sviluppato internamente quello che viene definito ‘Health technology assessment group".
Attualmente sono tre i campi in cui la dermatologia si serve dell’Ai. In primis è utilizzata per la diagnosi precoce dei tumori della pelle, accompagnando il professionista nella valutazione delle lesioni cutanee durante il percorso diagnostico che arriva fino al riconoscimento finale della neoformazione. "È come se il dermatologo e l’Ai andassero ‘a braccetto’ lungo questo percorso – sottolinea Cartocci – ma è sempre l’uomo che guida e pone le basi. Un position paper dell’Eadv, European Academy of Dermatology and Venereology sull’argomento ha infatti dimostrato che la maggior parte delle App sviluppate e vendute per il riconoscimento automatico delle immagini hanno fallito miseramente, tuttavia se il dermatologo seleziona le lesioni ‘giuste’ da mostrare all’Ai quest’ultima ‘vince’ rispetto ai medici. Ma se si seleziona qualcosa che l’intelligenza artificiale non conosce, quest’ultima sbaglierà".
Il secondo campo di applicazione è quello che consente una valutazione oggettiva della gravità di malattia "Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia - continua Cartocci - parla del 'rumore', vale a dire degli stati d’animo che sono influenzati da quanto ci accade intorno e che condizionano quindi le nostre scelte quotidiane, anche in medicina. L’Ai elimina le influenze esterne e ci permette di non sbagliare, di essere quindi equilibrati nella valutazione. Questo sarà fondamentale nei trial clinici dei nuovi farmaci dove dobbiamo poter avere delle valutazioni oggettive e equiparabili dell’attività del farmaco. L’Ai riesce ad eliminare le influenze soggettive e ci racconterà quanto il farmaco funzionerà, non quanto a me sembra che funzioni".
Terzo, forse il più rilevante e futuribile, aggiunge Rubegni "è la possibilità di predire per quel tipo di paziente quale sarà la terapia migliore e con meno effetti avversi". E su questo fronte la condivisione dei dati tra gli esperti sarà dirimente. Un ulteriore campo in via di sviluppo che vede protagonista è la metodica Gan (generative adversarial network): una tecnica che, utilizzando immagini reali delle manifestazioni patologiche consente di creare immagini verosimili, anche se 'finte/sintetiche'. "In medicina i dati spesso sono pochi – prosegue il professor Rubegni – le Gan potranno aumentarli a dismisura consentendo, a partire ad esempio da 50 immagini di melanoma, di produrne centinaia, completamente verosimili e indistinguibili. Queste a loro volta potranno essere utilizzate per insegnare ai giovani o addestrare, attraverso ulteriori metodiche di Ai, altri modelli per il riconoscimento automatico".
Ma, conclude l’esperto "poiché la maggior parte dei sistemi sanitari non ha oggi la capacità normativa per supervisionare e gestire questa tecnologia in rapida evoluzione, dobbiamo fare in modo di accompagnare la crescita dell’Ai con delle norme che la contengano".