"Serve una rete di prossimità per il disagio, il bonus psicologo ha un valore culturale"
"Sicuramente bisogna potenziare la rete pubblica dei servizi e fare un programma serio di prevenzione del disagio mentale coinvolgendo il mondo della scuola. Abbiamo una rete di salute mentale e servizi psichiatrici per i disturbi più gravi, ma non una rete di prossimità per il disagio, per il quale c’è il privato, e non tutti possono premetterselo. Il bonus psicologo ha un valore culturale che dà una risposta smart perché il cittadino va sulla piattaforma e accede. Il limite sono i 10 milioni di euro: una goccia rispetto alle necessità. Così i 38 milioni del fondo per rinforzare i servizi pubblici. L’Italia ha il tasso più basso di psicoterapeutici nei servizi pubblici” rispetto ai paesi occidentali. Così David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop), intervenendo al talk ‘Covid, guerra, crisi economica... quali soluzioni per l’ansia da infodemia?’, ottavo webinar promosso e organizzato da Alleati per la Salute, il portale dedicato all'informazione medico-scientifica sostenuto da Novartis.
All'incontro - moderato da Federico Luperi, direttore Innovazione e Nuovi media di Adnkronos - hanno partecipato anche Claudio Mencacci, psichiatra, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia e Daniele Francescon, co-founder di Serenis, piattaforma digitale attiva nel sostegno psicologico. Al dibattito - trasmesso in diretta streaming nei canali social di Adnkronos e disponibile nel portale alleatiperlasalute.it – gli esperti hanno affrontato il tema degli effetti, sulla salute mentale, dello stato di costante di incertezza in cui si sta vivendo e dovuta alla pandemia negli ultimi due anni, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina con i conseguenti problemi economico- energetici e sociali.
“C’è un grande gap tra i bisogni documentati e amplificati dalla pandemia e dalla dinamica sociale e quella che è la rete di servizi pubblici in grado di dare risposte strutturate, anche in termini di intercettazioni di disturbi mentali in fase iniziale che, se intercettati, potrebbero impedire che nel tempo la onda lunga del disagio, che aumenta, diventi più grave”, sottolinea Lazzari. “Siamo in una fase in cui non serve solo potenziare quello che c’era – continua lo psicologo - serve una strategia nuova. Abbiamo bisogno di una politica sociale che promuova un benessere psicologico minato da vari fattori, strutturali della società ed emergenziali, visto he siamo continuamente in una sorta di situazione emergenziale perché si passa dall’una all’altra”.
A proposito della necessità di mettere a punto strumenti per affrontare l’evoluzione della società contemporanea, “nel 1994 – ricorda Lazzari - l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unicef (Fondo delle nazioni unite per l’infanzia, ndr) chiesero ai Paesi di usare il servizio di psicologia della scuola per insegnare le light skill, cioè creare competenze cognitivo-relazionali per affrontare un mondo più dinamico e complesso. In Italia non è stato fatto. Oggi ci accorgiamo che i giovani hanno nozioni, ma non le competenze che sono fondamentali per affrontare la realtà odierna, con situazioni disorientanti”. Così i disagi “diventano patologia evidente, ma più spesso un disadattamento alla vita, una rinuncia al crearsi un futuro. Una perdita di capitale umano”.
Prima della pandemia il problema era già all’attenzione mondiale. “Il disagio e i disturbi psichiatrici sono aumentati negli ultimi 20 anni – continua lo psicologo - all’inizio del 2020 il World economic forum” aveva lanciato “l’emergenza dicendo che non c’è sostenibilità se non si affronta il problema salute mentale. Ma non si può risolvere con una risposta a valle, con un intervento psicologico” al bisogno. Serve anche un intervento “a monte con promozione alla resilienza su vasta scala e nella scuola. La psicopandemia – conclude Lazzari - è un termine che dice di rinforzare i servizi di cura, ma anche di mettere in campo misure di prevenzione”.