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Ritocchi al seno, "legge disattesa"

Ritocchi al seno,
13 gennaio 2018 | 11.27
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Il 5 giugno del 2012 l'Italia varava una legge per ritocchi al seno più sicuri. Oltre a vietare l'impianto di protesi a fini estetici alle minorenni, la normativa chiariva chi poteva operare e prevedeva l'istituzione di un Registro nazionale e dei Registri regionali degli impianti protesici mammari. All'indomani della sua entrata in vigore, il chirurgo plastico Paolo Santanchè definì il provvedimento una "legge gruviera": piena di "buchi" che avrebbero costretto le pazienti a "tutelarsi da sole se vorranno evitare di finire in mano ai soliti avventurieri". Ebbene, "sono passati più di 5 anni e la situazione rimane la stessa", denuncia l'esperto all'AdnKronos Salute.

Fatto salvo il divieto per le under 18, la cui trasgressione avrebbe come consequenza una sanzione amministrativa di 20 mila euro, "quella legge resta lettera morta, anzi mortissima", ancor più relativamente alla questione Registri. "Di fatto non esistono, non funzionano". Anche Adriana Cordova, presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, parla di "uno strumento fortemente inceppato. E' un fronte sul quale ci stiamo adoperando con grande impegno e contiamo di poter dare a breve notizie positive". Ma al momento sul tema, "soprattutto in alcune regioni, la legge resta in gran parte disattesa. Ho chiesto personalmente al ministero della Salute di fare in modo che venga rispettata - precisa la numero uno della Sicpre - Sui Registri, nonché sui professionisti autorizzati a operare".

"Almeno ufficialmente i Registri esistono", puntualizza Cordova. "Sono ordinario al Policlinico di Palermo e posso dire che nelle strutture pubbliche come la mia ovviamente registriamo tutte le protesi impiantate, e che il passaggio successivo - la trasmissione dei dati dall'azienda a chi gestisce i Registri - viene fatto. Il problema sorge però a livello di alcune strutture private o degli ambulatori, dove non sappiamo cosa succede". L'impressione è che "molto 'scappi'" e in generale "c'è confusione". Santanchè ricorda che "la protesi si identifica con un tagliando, inserito in cartella clinica dove rimane. Se impiantata in una struttura qualificata, la protesi è una delle cose più tracciabili che esistono". Tuttavia, avverte, "purtroppo molti interventi vengono eseguiti con grave rischio per la sicurezza delle pazienti in semplici ambulatori dove non esiste registro operatorio o cartella clinica, con tanti saluti alla tracciabilità".

Un altro punto della legge sul quale per gli esperti rimane tanto da fare è quello sui 'Requisiti per l'applicazione di protesi mammarie'. All'articolo 2 della norma si legge che "l'applicazione di protesi mammarie per fini estetici è riservata a coloro che sono in possesso del titolo di specializzazione in chirurgia plastica o a chi, alla data di entrata in vigore della presente legge, ha svolto attività chirurgica equipollente nei precedenti 5 anni o è in possesso del titolo di specializzazione in chirurgia generale, ginecologia e ostetricia o chirurgia toracica".

Al di là del fatto che "nessuno sa cosa voglia dire svolgere attività equipollente - rifletteva Santanchè già nel 2012 - che dire degli altri specialisti citati? Transeat per i chirurghi generali, ma i ginecologi? E i chirurghi toracici? Sono esperti dell'interno del torace, non dell'esterno". Secondo Cordova, "la specializzazione chirurgica dovrebbe essere una condizione essenziale per salvaguardare i pazienti che hanno diritto, nella normalità, a competenze riconosciute". Ma "in alcune realtà non viene fatta attenzione e qualcosa ancora non quadra".

"Un'altra lacuna della legge - rilevava Santanchè - è non aver definito quale sia l'ambiente adeguato all'impianto delle protesi. Richiede la massima sterilità" e "purtroppo molti interventi vengono eseguiti in semplici ambulatori chirurgici". Certo, "le pazienti che accettano di essere sottoposte a un intervento in strutture inadeguate, a volte senza la presenza dell'anestesista, risparmiano, ma rinunciano alla loro sicurezza con grave rischio della loro incolumità. Sareste disposti - chiosa lo specialista - a volare su un aereo che costa poco perché risparmia sulla manutenzione e il pilota non ha il brevetto?".

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