I dati dell’Orange Book della Fondazione Utilitatis e di Rse
Le comunità energetiche attualmente presenti in Italia sono poco più di 20, con istallazioni di taglia compresa tra i 20 e i 50 kilowatt picco; ma con la spinta del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede finanziamenti specifici per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo, si riuscirebbe a produrre un quantitativo di energia di circa 2.500 GWh annui, in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Sono alcuni degli elementi che emergono dall’Orange Book 'Le comunità energetiche in Italia', curato da Rse e dalla Fondazione Utilitatis, in collaborazione con Utilitalia.
Il Pnrr prevede finanziamenti specifici per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo stabilite dalla normativa italiana, stanziando per le comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di autoconsumo collettivo oltre 2 miliardi di euro. L’investimento mira ad installare circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori. Ipotizzando una produzione annua da fotovoltaico di 1.250 kWh per ogni kW, si produrrebbero così circa 2.500 GWh annui, in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno.
“Sulle comunità energetiche – spiega Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis - siamo ai primi passi, ma questa ricerca testimonia il loro potenziale in termini sia di sviluppo delle energie rinnovabili, sia di stabilità dei prezzi. Non ci nascondiamo le difficoltà applicative ma siamo consapevoli, come dimostrano le testimonianze delle associate a Utilitalia, che questa modalità di generazione avrà nei prossimi anni un significativo sviluppo. Siamo molto lieti di questa, mi auguro, prima collaborazione Rse, accreditato ente di ricerca sui mercati energetici. E’ una concreta testimonianza del nuovo corso di Fondazione, impegnata nel costruire partenariati scientifici per indagare e proporre soluzioni praticabili in favore della transizione energetica e ambientale del nostro Paese”.
La maggiore diffusione delle comunità energetiche sarebbe coerente sia con i target nazionali ed europei sulla transizione ecologica, sia con la necessità di mettere in campo azioni strutturali contro il caro bollette. Da un lato, si osserva nello studio, le comunità possono contribuire ad accelerare l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili e a favorire la ricerca di nuove soluzioni per aumentare l’efficienza dei sistemi esistenti, stimolando l’innovazione tecnologica per ridurre al minimo l’impatto ambientale senza compromettere la crescita e lo sviluppo sostenibile.
Dall’altro lato, la diffusione delle comunità energetiche può costituire un importante strumento di contrasto alla povertà energetica: a fronte della recente volatilità dei prezzi di fornitura, tali realtà possono permettere di contenere i costi sia per le utenze domestiche che per quelle non domestiche. “Come ormai sappiamo, le comunità energetiche nascono per soddisfare i bisogni energetici, ambientali e sociali individuati dai membri della comunità stessa – evidenzia Maurizio Delfanti, amministratore delegato di Rse – con l’obiettivo di rendere i clienti finali protagonisti della transizione energetica, resa ancora più urgente dalla crisi dei prezzi in corso".
"Le sperimentazioni avviate in fase di recepimento anticipato hanno già messo in evidenza che al crescere della complessità degli interventi si rende necessario un confronto e un dialogo fattivo con gli attori del mercato, in modo da fornire alle Comunità Energetiche risorse e competenze che non sempre possono essere detenute a livello locale” conclude Delfanti.