Su studio Glow: "Combinazione dà controllo molto prolungato della leucemia linfatica cronica"
"Il trattamento della leucemia linfatica cronica (Llc), ha avuto uno sviluppo enorme negli ultimi 10. Siamo passati progressivamente da un trattamento sostanzialmente immunochemioterapico, cioè di controllo della malattia, a delle terapie biologiche orali, molto meglio tollerate della chemioterapia e che permettono un controllo della malattia per tempi estremamente prolungati. Abbiamo infatti dimostrato quest’anno che, i pazienti anziani in trattamento arrivano ad avere una aspettativa di vita sovrapponibile a quello della popolazione normale”. Così Paolo Ghia, professore di Oncologia medica, Università Vita-Salute San Raffaele, commentando i risultati dello studio Glow presentati al recente congresso annuale dell’American Society of Hematology (Ash) 2022.
“La Leucemia linfatica cronica – continua Ghia - è la più comune forma di leucemia nel mondo occidentale, fra gli adulti. Colpisce prevalentemente maschi rispetto alle femmine”, in età anziana. “La diagnosi avviene tipicamente intorno ai 72 anni e il trattamento poi avviene in anni ancora più avanzati. Il problema di questa leucemia è che”, data l’età d’insorgenza, “il paziente spesso presenta altre malattie, assume altri farmaci e il trattamento è quindi più complicato per il contesto”. Le terapie possono essere “date in maniera continua per tutta la vita, come le pastiglia per la pressione o per diabete”, spiega lo specialista, oppure, “nella forma più innovativa”, i farmaci si assumono “in combinazione, a durata fissa, per uno o due anni a seconda della combinazione e a seconda dello stato della malattia”.
Lo studio Glow di fase 3 è “estremamente innovativo - osserva Ghia - perché paragona la tradizionale immunochemioterapia - clorambucile più obinutuzumab (anticorpo monoclonale anti-Cd20) - trattamento standard per i pazienti anziani, con la nuova combinazione di molecole, non più chemioterapiche, ma farmaci biologici”. Si tratta di “un inibitore di BtK (ibrutinib) e un inibitore di Bcl2 (venetoclax) – aggiunge - che hanno rivoluzionato, singolarmente, il trattamento della Llc, negli ultimi anni. I due farmaci sono combinati. Si dà inizialmente per 3 mesi solo ibrutinib, per diminuire la quantità di malattia, e poi si inserisce il venetoclax per 12 mesi - quindi la combinazione è per un anno - per raggiungere risposte molto profonde”.
La combinazione orale di farmaci biologici è stata approvata in Europa dall’Agenzia del farmaco (Ema) “grazie ai risultati di questo studio – ricorda Ghia – realizzato in 211 pazienti anziani che sono stati trattati con immuochemioterapia o con terapia chemio free, cioè senza chemioterapia, dimostrando che la combinazione dei 2 farmaci è molto più efficace con risposte che si mantengono estremamente elevate anche a distanza di 3,5 anni, il follow up in questo studio. Inoltre – continua – 3/4 dei pazienti non sono progrediti e mantengono una risposta a distanza di 3 anni e mezzo”.
Questa combinazione, inoltre, “è in grado di dare quella che chiamiamo ‘malattia minima residua’, o meglio, ‘malattia residua non più misurabile’, cioè non rilevabile nemmeno dalle tecnologie più avanzate – illustra lo specialista - Questo non significa che i pazienti siano guariti, ma significa che le risposte sono molo profonde, cosa che, è stato dimostrato, è associata a una risposta molto più prolungata nel tempo. Tale situazione – precisa Ghia - si verifica con questa combinazione con il 90% dei pazienti, soprattutto in quelli geneticamente più favoriti, che mantengono una risposta più prolungata, anche oltre i 2 anni”.
Ci sono poi delle differenze. “I pazienti che raggiungono più facilmente una risposta non più detectabile – che di solito hanno i geni di immunoglobuline non mutate - la perdono altrettanto rapidamente, rispetto ai pazienti con immunoglobuline mutate - sottolinea l’oncologo - Alla fine, entrambe le categorie dei pazienti però hanno un vantaggio, mantenendo la risposta per molti anni: solo un paziente su 10 perde la risposta profonda, la cosiddetta non più rilevabile”. Questo ha implicazioni “enormi” sul piano clinico e sulla qualità della vita dei pazienti. La combinazione, “che ha avuto l’approvazione dell’Ema, e che non è ancora rimborsabile in Italia - conclude Ghia - è infatti approvata in Europa non solo per il paziente anziano, ma anche per il giovane - grazie all’altro studio, il Captivate - che ha dimostrato un’efficacia prolungata” anche nei pazienti con meno di 60 anni.