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Moro: oltre 500 firme per dissequestrare archivio Persichetti

21 giugno 2021 | 19.22
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"Chi sequestra un archivio, attacca la libertà di ricerca". Ha raccolto in pochi giorni oltre 500 firme la petizione su Change.org per chiedere il dissequestro dell'archivio dell'ex Br Paolo Persichetti, oggi ricercatore storico, autore di libri e studi sulle Brigate Rosse e il caso Moro, indagato per associazione sovversiva e favoreggiamento per aver, secondo la procura di Roma, divulgato materiale riservato della Commissione Moro.

Tra i firmatari, oltre 60 tra storici, ricercatori, professori universitari e giornalisti - da Angelo d’Orsi, direttore di 'Historia magistra', alla redazione di 'Zapruder storie in movimento' - che sottolineano la necessità di "manifestare una risposta civile ferma, forte e indignata contro quanto accaduto", visto, si sostiene, che non si tratta di un caso isolato ma anzi solo dell’ultima di una serie di vicende "che dimostra l’attacco alla libertà della ricerca storica". "Basti pensare - si sottolinea - alla proposta di legge che vorrebbe introdurre il reato di negazionismo sulla questione delle Foibe, contro la quale diversi studiosi e molte associazioni si stanno esprimendo da diversi mesi. Ancora, è necessario ricordare le minacce allo storico Eric Gobetti, autore di un libro sempre sulle Foibe o l’incredibile vicenda della ricercatrice Roberta Chiroli, prima condannata e poi fortunatamente assolta per aver redatto una tesi sul movimento No-Tav".

Nella petizione, in italiano, francese e inglese, si ripercorre la vicenda della perquisizione di Persichetti e del sequestro di "materiale archivistico raccolto dopo anni di paziente e faticosa ricerca" e ci si chiede, visto che "secondo la procura da 5 anni sarebbe attiva in Italia un’organizzazione sovversiva di cui però non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete (e violente, soprattutto, perché senza di quelle il 270 bis non potrebbe configurarsi)", se il richiamo al 270 bis "sia stato un espediente per consentire un uso più agevolato di strumenti di indagine invasivi e intimidatori (pedinamenti, intercettazioni, perquisizioni e sequestri), in presenza di minori tutele per l’indagato".

Secondo i firmatari, è "fin troppo facile" giocare sulla biografia di Paolo Persichetti, "coinvolto nella stagione della violenza politica in Italia e che per questa ha 'saldato i conti con la giustizia' ed oggi è un ricercatore affermato", ma, sottolineano, "qui non si tratta di personalizzare una causa, né di santificare nessuno, bensì di fare un passo in avanti e cogliere la grave portata generale di questo evento".

"Sugli anni ‘70 (e, aggiungiamo, su qualsiasi altro periodo 'scomodo'), si può e si deve fare ricerca storica": "è venuto il momento di chiudere una 'tradizione', dominante nel discorso pubblico e politico, che considera quel periodo, ormai vecchio di 50 anni, come un tabù, intoccabile e innominabile, oppure narrabile solo secondo la vulgata mainstream. Per questo, il sequestro di materiale d’archivio assume un carattere di enorme gravità".

Ad oggi, prosegue la petizione, "un collega ricercatore non ha più il suo archivio costruito con anni di paziente e duro lavoro, raccolto studiando i fondi presenti presso l’Archivio centrale dello Stato; l’Archivio storico del Senato; la Biblioteca della Camera dei deputati; la Biblioteca si storia moderna e contemporanea; l’Emeroteca di Stato; l’Archivio della Corte d’Appello di Roma" o anche con "documenti reperiti presso fonti aperte, portali on line istituzionali, testimonianze orali, esperienze di vita, percorsi biografici, e appunti, schemi, note e materiali con i quali stava preparando libri e progetti di ricerca, anche insieme ad altri studiosi e studiose". "Quel che succede al nostro collega Paolo Persichetti ci riguarda tutti da vicino: si tratta di un’intimidazione gravissima che deve allertarci tutti e tutte, in modo particolare chi lavora nella ricerca storica sugli anni ‘70, ma anche in tutta la ricerca".

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