Nelle patologie dermatologiche e reumatologiche donne più esposte sul piano genetico e ormonale
Un approccio di genere è fondamentale nel campo delle malattie autoimmuni reumatologiche e dermatologiche, perché le donne risultano più esposte a queste patologie in quanto predisposte sul piano genetico e ormonale, condizione che favorisce lo sviluppo di risposte autoimmuni più aggressive. Se n’è parlato nel webinar “Donne a 360°. La sfida della Medicina di Genere per le malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”, promosso da Ucb Italia, un confronto tra esperti e rappresentanti delle istituzioni durante il quale è emerso che sperimentazioni mirate, terapie dedicate e percorsi specifici possono rappresentare strategie capaci di migliorare la qualità di vita delle donne che convivono con patologie croniche, in alcuni casi fortemente invalidanti e che devono, quindi, poter beneficiare di un approccio integrato e personalizzato.
“La differenza tra uomo e donna è evidente nell’istologia della cute, in immunologia e in diversi altri aspetti - ha spiegato Gabriella Fabbrocini, professore ordinario di dermatologia e venereologia dell’Università Federico II di Napoli e relatrice al webinar di Ucb - come abbiamo visto anche con il Covid, con una mortalità più bassa tra le donne e reazioni diverse ai vaccini, le donne poi sono più svantaggiate per le condizioni socio-economiche, e anche se vivono più a lungo hanno un’aspettativa di vita uguale a quella degli uomini, quindi in media periodi di malattia più lunghi: servono dunque percorsi diagnostico-terapeutici ad hoc”.
Dunque, a partire dalla presa in carico di un paziente, orientarsi sul fatto se sia uomo o donna consente di differenziare l’approccio, la prognosi e anche il trattamento.
Le malattie reumatologiche interessano oltre 3,5 milioni di italiane - ricorda Ucb in una nota - solo l’artrite reumatoide colpisce tre volte più le donne rispetto agli uomini. Diventa, quindi, necessario avviare nuovi percorsi di ricerca che abbiano, per esempio, lo scopo di valutare se e come la risposta di un farmaco possa essere influenzata dal genere del paziente. Un tema fondamentale nel campo delle malattie autoimmuni reumatologiche e dermatologiche è quello della genitorialità, che per la donna ha implicazioni importanti sulla contraccezione, sulle terapie durante la gravidanza e l’allattamento. Deve essere valutata attentamente la scelta dei trattamenti e, quando possibile, vanno privilegiati quelli che consentono di progettare una gravidanza e la conseguente maternità.
La ricerca farmacologica ha aperto la strada allo studio dei farmaci sulle donne in età fertile e nel 2019 è stato autorizzato l’utilizzo di un farmaco biologico anti-Tnf (certolizumab pegol) per le donne colpite da malattie infiammatorie croniche, prima e durante la gravidanza e l’allattamento con latte materno, essendo stato dimostrato da due trial ad hoc che il passaggio attraverso la placenta del farmaco, così come la presenza dello stesso nel latte materno è assente o minimo.
"Siamo da tempo impegnati nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni compatibili con un approccio di genere - ha dichiarato Federico Chinni, Amministratore Delegato di UCB Italia – in modo da offrire agli specialisti e alle persone affette da patologie croniche terapie in grado di fare la differenza. L’inclusione della medicina di genere nella pratica quotidiana prevede una ridefinizione dei percorsi e dei processi di cura, innovazioni che promuoviamo con convinzione, a partire dall’ascolto delle istanze di chi convive quotidianamente con l’esperienza di malattia”.