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Trasferimento illegittimo, lavoratrice vince ricorso contro Ikea

Trasferimento illegittimo, lavoratrice vince ricorso contro Ikea
19 giugno 2019 | 16.05
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Brusca frenata per il processo di riorganizzazione di Ikea in Italia, che, come denunciato dai sindacati nei mesi scorsi, sta colpendo le figure apicali in azienda, di 1° e 2° livello, con veri 'aut aut': demansionamenti e trasferimenti 'forzati' a centinaia di chilometri di distanza per dipendenti perlopiù cinquantenni, tra cui mamme e lavoratrici. E proprio una mamma, single e con bambino piccolo, che era stata trasferita a centinaia di chilometri di distanza da Roma, suo luogo di lavoro, è la protagonista della vicenda che ha visto 'soccombere', in Tribunale a Roma, il colosso svedese. Il Tribunale della Capitale, infatti, con ordinanza del 7 giugno scorso, ha accolto, come apprende Adnkronos/Labitalia, il ricorso di urgenza ex art. 700 Cpc promosso dalla lavoratrice nei confronti di Ikea Italia Retail Srl dichiarando l’illegittimità del trasferimento della ricorrente presso la sede di Pisa e ordinandone la riammissione nella sede di lavoro dello store Ikea di Roma Anagnina con mansioni proprie del livello inquadramentale posseduto dalla lavoratrice (2° livello del Ccnl di settore).

"Il giudice -spiega ad Adnkronos/Labitalia l'avvocato Michelangelo Salvagni, che assiste la lavoratrice e ha curato il ricorso- non ha ritenuto necessario neanche ascoltare i testimoni, ha deciso sulla base della documentazione prodotta da noi e da loro". E l'ordinanza rischia di non essere l'unica: "Sono diversi i ricorsi già presentati: io stesso -spiega Salvagni- ne ho uno in discussione il prossimo 8 luglio, e tanti sono i lavoratori che a Roma stanno decidendo di farlo".

Ma su che si basa la decisione del giudice? La società, spiega Salvagni, "aveva giustificato il trasferimento della lavoratrice sulla base: di una riorganizzazione degli stores romani di Porta di Roma e di Anagnina determinata dalla realizzazione, presso dette sedi, del cosiddetto progetto 'Innovation for Growth', dalla conseguente riduzione della 'nuova' figura dei team leaders rispetto ai vecchi capo reparto (responsible)".

Ma, aggiunge l'avvocato, "il giudice del lavoro ha rilevato come la società non avesse fornito alcuna prova in ordine all’esistenza di un parametro oggettivo che avesse governato la scelta 'tra i 48 dipendenti concorrenti ai 29 posti residuati di team leader' e, dunque, idoneo a consentire di ricondurre il trasferimento della ricorrente ad esigenze organizzative proprie della datrice di lavoro". Per Salvagni, "il Tribunale ha ritenuto non provata la deduzione della società secondo cui la figura del team leader necessaria alla nuova organizzazione dovesse possedere competenze professionali diverse da quelle del vecchio capo reparto non avendo, il datore di lavoro, prodotto in giudizio alcuna descrizione del ruolo della 'nuova' figura professionale (job description)". "Ciò non ha quindi consentito - rimarca - la necessaria comparazione tra le mansioni di team leader e quelle sino ad allora espletate dalla ricorrente in qualità di capo reparto (responsible)".

Ma, come spiega ancora, "il Giudice ha inoltre rilevato come la società non avesse dimostrato i criteri valutativi adottati in sede di selezione, le ragioni del mancato superamento della stessa da parte della ricorrente, quanti e quali fossero i partecipanti e con quali risultati". "Ciò ha determinato la conseguente arbitrarietà 'del trattamento differente' riservato all’istante 'rispetto a coloro che hanno, secondo Ikea, superato le prove", aggiunge.

Il Tribunale, dice il legale, "ha poi ritenuto sussistenti i nostri rilievi in ordine al pregiudizio alla salute patito dalla ricorrente, oltre che alle condizioni familiari ed economiche derivanti alla medesima in ipotesi di operato trasferimento ad oltre 350 chilometri dal proprio luogo di residenza". "Il Giudice del lavoro ha, quindi, condannato Ikea Italia Reatail Srl alla riammissione della dipendente, con mansioni proprie del livello dalla medesima posseduto, presso lo store di Roma Anagnina", conclude.

E il sindacato plaude all'ordinanza ma mette in guardia da prossime iniziative dell'Azienda. "I nodi stanno vendendo al pettine. Avevamo già denunciato, come organizzazioni sindacali -spiega ad Adnkronos/Labitalia, Alessandro Maria Contucci, segretario regionale della Uiltucs Roma e Lazio- che le operazioni che stava mettendo in piedi Ikea sul territorio romano erano orientate alla riduzione di costi e personale. Ikea ha mascherato licenziamenti con trasferimenti imposti senza alcun criterio oggettivo. E' ancor più positiva, un'ordinanza del genere, alla luce degli ulteriori tagli che si prospettano in Ikea, dove potrebbero esserci altri lavoratori, con livelli di inquadramento più bassi, a trovarsi nelle medesime situazioni con trasferimenti coatti e demansionamenti".

Immediata la replica da parte dell'azienda. "Rispettiamo certamente la decisione del Giudice del Tribunale di Roma sul ricorso presentato da una dipendente Ikea contro il suo trasferimento, nei confronti della quale faremo comunque opposizione", si legge in un comunicato Ikea precisando che la vicenda "fa riferimento a un progetto che prevede una revisione delle funzioni tradizionali in favore di un'ottica di lavoro per processi che ci permetterà di essere sempre più vicini ai nostri clienti e per rispondere meglio alle esigenze dei nostri consumatori". L'azienda, sottolinea nella nota, "rigetta con forza l'accusa di 'licenziamenti mascherati'; al contrario, la scelta di Ikea è stata quella della gestione individuale e responsabile delle singole posizioni con una valutazione congiunta sulle migliori opportunità per ogni singolo lavoratore".

Nel processo di selezione delle nuove posizioni manageriali, sottolinea Ikea, "abbiamo scelto la strada della trasparenza, aprendo tutte le candidature internamente". "Nel processo di valutazione hanno avuto peso le prove tecniche, le precedenti esperienze professionali e le competenze manageriali necessarie per ricoprire i nuovi ruoli. Inoltre, proprio per evitare licenziamenti, con il massimo rispetto per i nostri co-worker, in caso di mancanza di posizioni adeguate al lavoratore nello stesso store, è stato reso possibile il trasferimento in altra unità organizzativa", conclude.

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