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1 maggio: Tiraboschi, 'sindacati in piazza per Europa del lavoro e dei diritti'

Michele Tiraboschi
Michele Tiraboschi
30 aprile 2019 | 13.55
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Per Cgil, Cisl e Uil, domani sarà un Primo Maggio unitario e in chiave europea: a piazza Maggiore, a Bologna, si riuniranno, infatti, sotto lo slogan “La nostra Europa: lavoro, diritti, stato sociale". "Una scelta che fa seguito all'appello per il voto alle europee diramato il 9 aprile, insieme a Confindustria, e che si inserisce sul percorso di nuovo protagonismo politico incardinato con successo con la manifestazione unitaria del 9 febbraio scorso", spiega ad Adnkronos/Labitalia Michele Tiraboschi, professore ordinario di Diritto del lavoro all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e coordinatore scientifico della Scuola di alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro di Adapt (l’associazione no profit fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere studi e ricerche di lavoro).

Tiraboschi, da studioso e da consulente di vari ministri del Lavoro, è sempre stato molto attento alle relazioni industriali e, come il maestro Marco Biagi, alle politiche europee e al benchmarking, vale a dire al confronto sistematico con le esperienze estere per valutare, apprendere e migliorare le scelte nazionali. "La scelta europea è in questo senso -aggiunge Tiraboschi- una scelta di campo che conferma la sfida lanciata alle forze politiche euroscettiche. D’altro canto, per i sindacati, identificarsi con L’Europa significa correre il rischio di assecondare la retorica populista che colloca i corpi intermedi tra le elite da contrapporre al 'popolo', categoria che le istituzioni europee rappresentano per antonomasia. La leva Europa è quindi un'arma a doppio taglio per mietere consenso sul fronte lavoristico". I sindacati, per Tiraboschi, sono ben consapevoli di questo doppio risvolto del tema. "Per questo motivo -ricorda- l’istituto di ricerca del sindacato europeo si era mosso già a gennaio con una conferenza volta ad elaborare soluzioni per recuperare il consenso dei lavoratori che, a partire dall’inizio degli anni Novanta, è andato trasferendosi dalle forze tradizionalmente allineate al sindacato verso le nuove forze populiste".

Per lo stesso motivo, prosegue, "i sindacati italiani si dimostrano attenti a non celebrare con il Primo Maggio lo status quo dell’assetto delle politiche comunitario, ma propongono piuttosto la cornice europea come un 'orizzonte di senso', la giusta dimensione nella quale affrontare la regolazione dei processi di globalizzazione e la compensazione degli effetti di questi sulla distribuzione della ricchezza". "Proprio quei processi che molte letteratura colloca tra le cause principali della nuova di ondata malcontento verso la cessione di sovranità", ribadisce il professore.

Del resto, ricorda Tiraboschi, "la disciplina comunitaria si è largamente occupata di aspetti tecnici che riguardano soprattutto la mobilità dei lavoratori in Europa". Aspetti non sempre percepiti come positivi e che, spiega lo studioso, tendono a trasformarsi "da opportunità per i giovani a minaccia per le economie locali, e che restano poi lontani dalle questioni più direttamente percepite dai cittadini". Essere in questa Europa e in un momento di crisi economica e sociale, dunque, ha generato timori e non solo quelli legati all'immigrazione: "Secondo alcune statistiche -dice Tiraboschi- i temi economici e del lavoro starebbero tornando a conquistare le classifiche delle maggiori preoccupazioni dei cittadini".

E "solo di recente si è invece tornati a parlare delle ipotesi in campo per l’istituzione di una assicurazione europea per la disoccupazione ed è solo di poche settimane fa l’istituzione di una autorità europea per tutelare i lavoratori e contrastare il lavoro nero", osserva Tiraboschi. Risposte comunque per ora insufficienti.

"Naturale quindi che, di fronte alle possibilità di chiusura dei confini, il cittadino medio si domandi cosa l'Italia abbia da guadagnare dal funzionamento dei meccanismi sovranazionali e quanto ancora l’Europa possa essere un modello sociale dal punto di vista del lavoro e del welfare", spiega Tiraboschi.

Ma quanto ha da guadagnare o perdere l'Italia nella sfida globale e di mercato con gli Stati europei? "La questione europea è di per sé ambivalente -dice Michele Tiraboschi- perché si pone come una cerniera tra i problemi dei contesti locali, intra-nazionali, e i fenomeni globali". Un esempio in questo senso, che concerne direttamente il sindacato, è la questione del salario minimo.

"Da un lato -osserva Tiraboschi- il sindacato italiano viene spesso incalzato facendo riferimento alla sua eccezionalità nel panorama europeo, dall’altro trova sponda proprio nella confederazione europea dei sindacati che, a prescindere dalla presenza di un salario minimo legale nei Paesi rappresentati, invoca ormai da più di un anno la necessità di un aumento dei salari".

"Proprio pensando al movimento delle parti sociali italiane in difesa del loro nella determinazione dei minimi salariali, fa specie che il richiamo all’Europa con la festa del lavoro si abbini a un nuovo anatema verso la rappresentanza dell’impresa, della quale era stata ipotizzata una partecipazione alla manifestazione dei sindacati. Una parte del sindacato italiano nega, quindi, risolutamente che il Primo Maggio possa dare voce a una convergenza di interessi che pure ha già trovato espressione nelle scorse settimane, sia con le manifestazioni nel settore edile, sia proprio con quell’appello congiunto a 'difendere la democrazia, i valori europei, la crescita economica sostenibile e la giustizia sociale' diffuso meno di un mese fa. Una scelta che pare, quindi, in contraddizione con una logica di superamento degli steccati", conclude.

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