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Coronavirus: più flessibilità e diversa gestione Hr, così pandemia cambia il lavoro

Indagine condotta da Littler

Coronavirus: più flessibilità e diversa gestione Hr, così pandemia cambia il lavoro
21 ottobre 2020 | 15.55
LETTURA: 3 minuti

Maggiore flessibilità, nuovi modelli di gestione delle risorse umane e una rinnovata attenzione al benessere dei dipendenti da un punto di vista psico-fisico: la pandemia porta nuove priorità per le aziende, soprattutto italiane. Come rivela l’indagine condotta da Littler, il più grande studio di diritto del lavoro, il 41% dei 750 responsabili Hr (risorse umane) europei intervistati sta adeguando le proprie politiche, con una forza lavoro operante quasi completamente da remoto.

La principale conseguenza positiva è la maggiore fiducia nel remote working, in parallelo però al monitoraggio della produttività mentre lavorano; il 57% ha offerto orari di lavoro più flessibili, mentre il 51% ha sollecitato un feedback frequente sulla risposta della propria organizzazione alla pandemia. Anche la gestione delle ferie si è rivelata una sfida per i datori di lavoro europei. Il 34% degli intervistati ha registrato un aumento delle richieste con problemi operativi per l'82%: non aiuta l’avvicinarsi di fine dell'anno, e recupero di ferie non godute.

“Questo richiede una regolamentazione più strutturata, rispetto alla legislazione attuale dettata solo dall’emergenza. Molti dei nostri clienti si rivolgono a noi per avere chiarimenti, in quanto la situazione normativa è ancora confusa e necessita di regole e politiche più chiare, necessarie per cogliere i benefici dello smart working, osservando la legge e tutelando al contempo il benessere psico-fisico dei propri dipendenti”, commentano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, che guidano Littler in Italia.

“Lo smart working rimarrà, ma non per tutti o per ogni giorno lavorativo. Prima della pandemia, aveva faticato ad imporsi per la paura del suo impatto sulla produttività e sulla cultura aziendale: oggi ogni azienda ha i dati su cui confrontarsi”, commenta Alessandro Magrini, Hr Director in Finix Technology Solutions. “Tuttavia, oltre il 60% delle attività lavorative nelle economie sviluppate non può essere remotizzata: richiedono almeno una presenza fisica, come stare su una linea di assemblaggio, gestire il magazzino, aiutare i clienti in un negozio o fornire servizi sanitari”, avverte.

Adottare lo smart working richiede anche una trasformazione digitale all’interno delle aziende per modificare i flussi lavorativi e migliorare i processi, nell’ottica di renderli più rapidi e sicuri. “Il contesto attuale può offrire una grande leva per operare una progressiva digitalizzazione all’interno delle aziende. Il Covid-19 ha evidenziato la fragilità dei sistemi e dei processi attuali nel garantire continuità del servizio e rispetto dei tempi, considerando la forte dipendenza da alcuni mercati come quello asiatico, in particolare per gli approvvigionamenti necessari alle produzioni”, afferma Mario Messuri, General Manager di Jaggaer in Italia e vp South Europe. “L’adozione di strumenti tecnologici innovativi negli ambienti lavorativi - sottolinea - può consentire di raggiungere quel grado di flessibilità necessario ad adattarsi a situazioni diverse mantenendo invariati gli standard produttivi”.

Tra questi, non va sottovalutato il tema della rendicontazione amministrativa e del passaggio di carta, come scontrini, ricevute e soldi. Commenta Giuseppe Di Marco, Country Manager di Soldo in Italia: “È ormai troppo rischioso continuare a maneggiare ricevute cartacee, gestendo passaggi di banconote per anticipi cassa e resti: uno studio condotto dal Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization dice che su queste superfici il virus dura fino a 24 giorni. Le nostre carte di pagamento consentono l’automazione completa dell’intero processo: una foto allo scontrino e tutto il cartaceo può essere cestinato, un dettaglio tra l’altro non trascurabile, se pensiamo allo smart working”.

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