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Lavia in italiano e in siciliano per 'Berretto a sonagli' al Quirino

In scena, da regista e attore protagonista, con la commedia che Luigi Pirandello scrisse prima in dialetto con il titolo 'A birritta cu i ciancianeddi', affiancato da Federica Di Martino

Gabriele Lavia nel
Gabriele Lavia nel "Berretto a sonagli" di Luigi Pirandello al teatro Quirino di Roma
10 novembre 2022 | 14.15
LETTURA: 2 minuti

"La vita è una soglia troppo affollata del nulla": su questa amara constatazione, fra il letterario e il filosofico, si basa la ragione di vita e l'azione pratica del protagonista del 'Berretto a sonagli', la commedia che Luigi Pirandello scrisse prima in siciliano con il titolo 'A birritta cu i ciancianeddi' e che ora Gabriele Lavia, nelle duplici vesti artistiche di regista e di attore protagonista, affiancato da Federica Di Martino, rende in entrambe le versioni, mescolando abilmente e - si potrebbe dire oggi - 'camillerianamente', lingua e dialetto nella messinscena che fino al 20 novembre è rappresentata a Roma sul palco del teatro Quirino.

Il sottile ma invalicabile confine fra l'essere e l'apparire e il limite più labile fra sanità di mente e pazzia sono quelli su cui si muovono in precario equilibrio i personaggi, a cominciare dal protagonista della storia, lo scrivano Ciampa, ben al corrente della relazione fra sua moglie e il suo principale, ma accettata a patto di salvare le apparenze al cospetto della cittadinanza. Ma la scoperta da parte della moglie del padrone di casa del tradimento e il suo desiderio di vendetta che fa scoppiare lo scandalo pubblico con tanto di arresti in flagranza, va in qualche modo 'sanata': magari, facendo passare per pazza l'accusatrice che, a sua volta, potrà godere del beneficio che la società riserva soltanto ai pazzi, ovvero poter gridare in faccia a tutti la verità.

"Tutta l'opera di Pirandello ruota attorno al 'nulla' affollato di apparenze, di ombre che si agitano nel dolore e nella pazzia - sottolinea Lavia nelle note di regia - Soltanto i personaggi sono 'veri' e 'vivi', in un mondo affollato da fantocci, da pupi, da fantasmi umani", che il regista ha voluto presenti anche in scena, accanto agli attori che si aggirano e si agitano in scena fra mobili sghembi e fondali strappati, come sghemba e spesso strappata è anche la vita, con le sue vicende umane sempre al limite fra coscienza e pazzia, realtà e apparenza, verità mai assolute ma sempre relative e spesso sovrapponibili.

(di Enzo Bonaiuto)

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