"Forse il mio silenzio ha fatto sì che la gente dubitasse"
"Le persone non vedranno mai la ragione. Quando macchiano il tuo nome, non importa se sei innocente o colpevole". Woody Allen, intervistato da El Pais, si sofferma sulla ben nota vicenda delle accuse di molestie sessuali nei suoi confronti, sollecitato a raccontare perché abbia scelto di far cadere, dopo anni, il silenzio sul caso attraverso le pagine del suo libro 'A proposito di niente', un'autobiografia ricca di aneddoti dove, però, non manca quella parte della vita del regista segnata dalle accuse di abusi sessuali nei confronti dei figli.
Un libro anche in difesa di se stesso, dunque? "Voglio chiarire che non ho la sensazione di essermi difeso. Non avevo bisogno di alcuna difesa. Ho scritto la storia in modo obiettivo. Ho usato citazioni di altre persone: investigatori, medici, giudici, testimoni. Non ho mai incluso me stesso. Poiché sentivo di non aver bisogno di una difesa, ho voluto scrivere la storia in modo obiettivo e lasciare che il lettore arrivasse alle sue conclusioni. Non volevo entrare nel 'lui ha detto, lei ha detto'. Questa non è la mia versione, ma la versione dell'investigatore, dello psichiatra e della governante. Vorrei non aver occupato tutto quello spazio (nel libro, ndr), ma per raccontare tutta la mia storia ho dovuto includere anche questa parte. Essendo innocente, non mi sentivo in dovere di dare una spiegazione a nessuno. Forse il mio silenzio ha fatto sì che la gente dubitasse".
"Ma quando sei innocente, non ti importa - dice Allen - Non volevo perdere tempo a pensarci. Non sentivo di dover dare una spiegazione a nessuno. Dall'inchiesta è emerso che non avevo fatto nulla, quindi mi sono concentrato sul mio lavoro e sulla mia famiglia. Ho pensato che fosse una perdita di tempo rilasciare interviste televisive o scrivere articoli. Ma, forse il mio silenzio ha fatto dubitare le persone che si sono chieste 'Perché è così silenzioso?'".
Dall'essere un idolo, Wood Allena afferma, nell'autobiografia, di essere diventato "un paria", dopo lo scoppio del MeToo e la nuova accusa della figlia Dylan. Ma non ne ha fatto una tragedia: "Non l'ho vissuto come qualcosa di difficile. Quando è successo tutto ciò, ho continuato a lavorare. La vicenda era su tutti i giornali, ma gli altri erano più interessati a me di quanto non lo fossi io. Era insensato che qualcuno potesse credere che io avevo fatto una cosa del genere a mia figlia di 7 anni, insensato credere che io avessi potuto abusare di lei in qualsiasi forma. L'idea era così assurda che non ne ho parlato mai. Ho lavorato e continuato a lavorare, e non me ne sono mai interessato. Era solo una questione di tabloid, che fondamentalmente vivono di questo".
In realtà le cose sono andate ben oltre. Amazon ha sospeso il suo accordo di produzione e distribuzione, il gruppo Hachette ha rifiutato di pubblicare il suo libro, le università hanno smesso di studiare i suoi film e molti attori non vogliono più lavorare con lui, ma Woody Allen vede un altro spaccato della realtà: "Nella pratica tutto questo non ha avuto alcun effetto. L'editore ha respinto il libro, ma 15 minuti dopo ce ne era un altro disposto a pubblicarlo. Amazon mi ha voltato le spalle, ma ho potuto girare un altro film poco dopo. Tutto questo, quindi - racconta il regista - non mi ha impedito di continuare a lavorare né ha fatto sì che la gente smettesse di guardare i miei film. È vero che alcuni attori mi hanno detto che non volevano lavorare con me nel film che ho girato a San Sebastián, 'Rifkin's Festival' (che uscirà in autunno). Ma non è successo niente: ne ho trovati altri. Se nessuno avesse voluto lavorare con me o vedere i miei film, forse questo mi avrebbe condizionato. Ma non è quello che è successo".