Domani Janet Yellen a Pechino. L'esperto di geopolitica: "Strategia potrebbe funzionare più facilmente se l'economia cinese non riuscisse a ritornare a marciare a pieno regime".
Janet Yellen arriva domani in Cina per una missione che si inserisce nella strategia dell'Amministrazione Biden volta a ridurre la dipendenza delle aziende Usa dalle fabbriche cinesi. Parola d'ordine 'de-risking'. Ma forse per i cinesi 'de-risking' (la riduzione del rischio) di fatto non è altro che una parola diversa per 'decoupling' (il disaccoppiamento). "Le incertezze" dell'economia cinese "aiutano il de-risking", dice all'Adnkronos da Pechino l'esperto di geopolitica Francesco Sisci che evidenzia come la visita dal 6 al 9 luglio del segretario al Tesoro Usa nel gigante asiatico sia "importante per capire le regole di ingaggio". "C'è un interesse reciproco a mantenere due pezzi fondamentali del rapporto, le esportazioni cinesi a basso costo che sono utili sia alla Cina che all'America e l'acquisto di buoni del tesoro americani da parte della Cina", spiega, ricordando come "le esportazioni cinesi siano di beni di consumo e di beni capitali".
Sisci parla del "calo di investimenti stranieri in Cina". Lo yuan si avvicina al valore più basso sul dollaro dal 2008. S&P Global ha tagliato le stime 2023 di crescita sulla Cina, riviste al 5,2% dal precedente 5,5%. Il premier cinese Li Qiang si è detto convinto che l'economia del gigante asiatico raggiungerà l'obiettivo di crescita di "circa il 5%" previsto per quest'anno. Ma aumentano i timori che la crescita, che si era ripresa subito dopo la fine lo scorso dicembre delle restrizioni in nome della politica Zero-Covid, stia perdendo slancio. Secondo dati ufficiali durante i tre giorni di festa del Dragon Boat Festival, alla fine della scorsa settimana, il numero di viaggi effettuati e il conseguente giro d'affari è stato inferiore al 2019, come ha evidenziato nei giorni scorsi il Washington Post.
"Stando alle previsioni di alcune grandi banche per la prima volta in 40 anni la Cina dovrebbe avere un saldo zero - osserva Sisci - Significa che potrebbe essersi invertita la tendenza di questi ultimi 40 anni". E, prosegue, "sembra che cominci a essere in corso una fuga dalla Cina". "Se fosse vero - puntualizza - cambierebbe tutta la dinamica intorno alla Cina e poi anche il rapporto bilaterale con l'America".
In questo quadro, spiega, "il governo cinese ha avviato una campagna per sollecitare la gente a spendere", ma i "cinesi sono i più grandi risparmiatori del mondo" e nonostante ci siano "una serie di politiche che dovrebbero aiutare la spesa privata quello che accade è che finora la spesa privata è molto bassa". E sinora, prosegue, "il grande driver dell'economia è stato l'immobiliare, che adesso è super saturato", quindi senza margini di crescita.
Così, "dopo il Covid e con la guerra in Ucraina, l'aumento delle tensioni tra Cina e Usa sta creando un'atmosfera di incertezza tra gli investitori e i consumatori cinesi". Ed è, rimarca, "il problema più grande". Anche perché il rischio è che "il mercato interno potrebbe non riuscire a sopperire al calo del driver immobiliare". E, continua Sisci, "se l'economia cinese non riesce a ritornare a marciare a pieno regime il de-risking americano potrebbe funzionare più facilmente", una prospettiva "chiara in America".
"Il de-rsiking - osserva - è molto più praticabile del decoupling perché per mille motivi il mondo finanziario ed economico già percepisce un 'rischio-Cina'". E la questione "radicale" per il gigante asiatico sarebbe "affrontare" questo 'rischio-Cina', il fatto che "privati cinesi e stranieri non si sentano sicuri dell'atmosfera cinese" perché - spiega - "negli ultimi anni" per varie ragioni "hanno visto i loro business messi a rischio". Per eliminare questo 'rischio-Cina', prosegue ancora, "molti economisti cinesi ritengono si debba arrivare alla vera proprietà privata", ma "non è cosa semplice introdurre e tutelare la vera proprietà privata" nella Repubblica Popolare, perché si tratterebbe di un "cambiamento qualitativo dello Stato cinese" e si dovrebbe anche arrivare a "pensare un sistema per la piena convertibilità del Renminbi" e a "riforme politiche importanti che oggi non sono in cantiere". Se nulla si intravede resta "l'incertezza".
E anche se il governo cinese ha "mille risorse", dice ancora Sisci, "non è chiaro se riuscirà senza una riforma sistematica a eliminare la sensazione di 'rischio'", che rende sensato il de-risking, che "tanto più ha senso, tanto più diventa effettivamente il primo passo di un decoupling". Così la missione della Yellen sarà "in realtà una visita interlocutoria per non bruciare ponti - conclude - ma nemmeno prestare aiuti".