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Un mese da morte Sinwar, l'analista Milshtein: ''Hamas non è finita, si è rafforzata''

L'esperto israeliano spiega che c'è ''una leadership collettiva al suo posto e non è più morbida. Il gruppo ha la stessa linea dura e non ha cambiato posizione sugli ostaggi. Se Hamas dovesse lasciare il Qatar, l'ufficio politico potrebbe essere trasferito in Turchia''

Un mese da morte Sinwar, l'analista Milshtein: ''Hamas non è finita, si è rafforzata''
16 novembre 2024 | 16.38
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Hamas non è morta insieme a Yahya Sinwar. E a un mese dall'eliminazione del leader del gruppo che governa la Striscia di Gaza dal 2007 ''sembra persino in graduale ripresa'' e ''rafforzata agli occhi dei palestinesi dopo la morte da martire'' di Sinwar. Al cui posto ''sembra ci sia una leadership collettiva'' che, se dovrà trasferire il suo ufficio politico dal Qatar, ''probabilmente lo farà in Turchia''. Lo spiega all'Adnkronos l'analista Michael Milshtein, direttore del Forum per gli studi palestinesi al Centro Moshe Dayan di Tel Aviv, secondo cui ''un mese dopo la morte di Sinwar la situazione di base è più o meno la stessa: non c'è un crollo generale di Hamas, una rivolta del popolo o la creazione di una alternativa, Hamas è ancora la potenza di spicco e la guerra continua ovunque nella Striscia di Gaza''.

Con l'eliminazione di Sinwar nel corso di un'operazione delle Forze di difesa israeliane (Idf) a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, il 16 ottobre scorso, ''senza dubbio Hamas ha subito danni importanti, ma è sopravvissuta e sembra persino in graduale ripresa''. Questo perché, spiega l'analista, Hamas è molto più un'organizzazione estremista palestinese, ''Hamas è un'idea e un'ideologia''. E ''allo stesso modo di Hezbollah dopo la morte di Nasrallah, anche Hamas può sopravvivere dopo la morte di Sinwar''. Anzi, sottolinea Milshtein, ''la morte di Sinwar da martire rende persino l'immagine e lo status del movimento più forti tra i palestinesi''.

Per questo ci sono ''sfortunatamente poche possibilità di cambiamento rivoluzionario tra i palestinesi dopo la morte di Sinwar. La maggior parte di loro sostiene ancora Hamas, pensa che la lotta armata sia molto più importante della creazione di uno stato e nutre una profonda disumanizzazione nei confronti di israeliani ed ebrei'', sostiene l'analista.

'nessun cambiamento rispetto ostaggi, Hamas non rinuncia a linee rosse'

Con l'uccisione di Sinwar si era aperta la speranza di poter negoziare un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e per la liberazione dei 101 ostaggi ancora nell'enclave palestinese, superando le linee rosse che il leader di Hamas aveva posto e che non erano accettabili per Israele. Ma secondo Milshtein, ''per quanto riguarda gli ostaggi sembra che le posizioni di base di Hamas siano le stesse''. Quindi sì, esiste ''la disponibilità a una relativa flessibilità, ma non a rinunciare alle linee rosse di base'', spiega. Per cui l'Hamas del dopo Sinwar vuole, così come quando lui era in vita, ''che l'Idf si ritiri completamente dalla Striscia di Gaza e metta fine alla guerra''.

Questo significa, prosegue l'analista, che ''sebbene Sinwar fosse molto duro, coloro che sono venuti dopo di lui, principalmente suo fratello Muhammad, non sono più morbidi''. Tra l'altro, allo stato attuale, Hamas non ha ancora individuato qualcuno che possa prendere il posto del suo leader ucciso. ''Nessuno può entrare nelle 'scarpe giganti' di Sinwar - afferma l'esperto - Sembra che ci sia una leadership collettiva che lo ha sostituito, a partire da suo fratello e da leader come Khalil al-Haya, il suo vice, e Nizar Awdallah''.

'Qatar principale sostenitore di Hamas, per Meshaal eventuale ruolo simbolico'

Qualcuno ha sperato che il testimone potesse passare a Khaled Meshaal, fino al 2017 leader politico di Hamas, con una posizione più morbida rispetto a Israele di cui riconosce ''la realtà'' e uno dei leader viventi più influenti del gruppo. ''Sì, Meshaal potrebbe essere nominato per sostituire Sinwar come leader generale dell'ufficio politico, ma è fondamentalmente un ruolo simbolico'', spiega l'analista.

Sopravvissuto a un avvelenamento in Giordania nel 1997, ordinato dall'allora e attuale premier israeliano Benjamin Netanyahu, Meshaal vive a Doha. E il Qatar, nonostante le pressioni americane e le indiscrezioni arabe secondo cui potrebbe voler 'sfrattare' il movimento, secondo Milshtein ''è ancora il principale sostenitore di Hamas. Non c'è alcun piano per deportare i leader dell'organizzazione da Doha''. Però, ''se questo scenario si dovesse verificare'', se Hamas lasciasse il Qatar, ''immagino che la Turchia sarà l'alternativa che preferirebbe''.

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