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Parenti ostaggi israeliani domani dal Papa: "Italiani immaginino se fosse accaduto a loro"

Parla Sharon, la compagna di Nadav Kipnis, i cui genitori, che avevano anche la nazionalità italiana, sono stati uccisi nel kibbutz Be'eri il 7 ottobre. Altri sette famigliari sono stati rapiti, fra cui tre bambini fra i 3 e i 12 anni.

I famigliari uccisi e rapiti di Nadav Kipnis
I famigliari uccisi e rapiti di Nadav Kipnis
21 novembre 2023 | 20.56
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"Immaginate se accadesse a voi". Al Papa vogliamo dire che quella degli ostaggi di Hamas "è una crisi umanitaria, vogliamo capire come ci può aiutare a riportarli a casa". A dirlo all’Adnkronos è Sharon Lavon, una degli israeliani, parenti di persone uccise o prese in ostaggio durante l'attacco compiuto da Hamas il 7 ottobre, che domani saranno ricevuti da Papa Francesco.

Sharon è la compagna di Nadav Kipnis, i cui genitori con doppia cittadinanza italiana e israeliana- Lilach e Evyatar, 60 e e 65 anni- sono stati uccisi nel kibbutz Be’eri il 7 ottobre. Kipnis piange anche Paul Catelvi (42 anni), il badante filippino di suo padre, e lo zio Avshalom Haran (66 anni). Nadav è ora in ansia per la sorte di sette famigliari rapiti: la sorella di sua madre, Shoshan (67), moglie di Avshalom, sequestrata assieme alla figlia Adi Shoham (38), il genero Tal Shoam (38) e i nipotini Nave (8 anni) e Yahal (3). Sono state rapite anche la sorella dello zio Avshalom, Sharon Avigdori (52) e la figlia Noam (12).

Non sappiamo se i nostri cari "sono vivi, se sono in salute. Ogni volta che mangiamo ci chiediamo se loro hanno da mangiare, pensiamo a loro in ogni momento", racconta Sharon, la voce carica di commozione. "Gli ostaggi sono 240, ma non sono numeri, ognuno ha la sua storia", sottolinea Sharon. Shoshan aveva fondato una Ong, Fair Planet, che selezionava sementi per progetti agricoli in Africa. Sua figlia è una terapista, "i bambini sono puri, Nave era fratellino amorevole con la sorellina Yahal".

Ora ci sono notizie di un accordo per liberare gli ostaggi, "speriamo saranno liberati il più possibile, ma sappiamo che qualcuno rimarrà prigioniero di Hamas", continua Sharon. "Abbiamo perso così tante persone care, tanti amici, nel kibbutz Be’eri eravamo una comunità. Sono morti in cento, gli ostaggi sono 30, circa la metà sono bambini", racconta.

Nadav è nato a Be'eri, Sharon ci è cresciuta, ma da due anni avevano lasciato il kibbutz per vivere nelle vicinanze. Ci tornavano però spesso per vedere i famigliari, gli amici, ma anche per occuparsi dei bambini della comunità. Fondato 77 anni fa, Be'eri ha mantenuto le caratteristiche comunitarie del kibbutz delle origini. Quella terribile mattina del 7 ottobre, Sharon e Nadav, che non erano a Be'eri, si sono svegliati verso le 06.30 e hanno capito subito che qualcosa non andava. La chat del kibbutz era piena di messaggi di aiuto. Hanno saputo che i genitori di Nadav si erano rinchiusi nella "safe room" della casa, la stanza sicura in caso di attacchi. Ma presto hanno perso i contatti con loro. E intanto arrivavano messaggi disperati, che raccontavano di terroristi che facevano irruzione in altre safe room.

La prima tragica conferma è arrivata quattro giorni dopo, con il ritrovamento del corpo del badante Paul. Poi è arrivata la notizia della morte del padre. E, mentre era in corso la shiva, la settimana di lutto per Evyatar, è stata confermata anche la morte di Lilach.

Qual è il vostro messaggio agli italiani? "Immaginate se accadesse a voi, cosa fareste? E una crisi umanitaria. Noi vogliamo soltanto riportare gli ostaggi a casa, erano persone pacifiche che vivevano le loro vite, nella nostra famiglia sono stati rapiti anche bambini piccoli, temiamo che col tempo la gente dimentichi, abbiamo bisogno di supporto", dichiara Sharon.

Quanto alla guerra in corso, Sharon sottolinea che il "nemico, il problema è Hamas", non la gente di Gaza. "Hamas è il nemico anche della gente di Gaza, anche loro sono ostaggi di Hamas", noi "non vogliamo che innocenti vengono colpiti", "c'è molto empatia verso i civili, sappiamo che c'è differenza fra loro e Hamas", continua Sharon. I soldati israeliani, aggiunge, hanno sempre fatto di tutto in questi anni per evitare il più possibile vittime civili.

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