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Iran, lo scrittore Khosrokhavar: "Se Israele attacca siti nucleari, Teheran lancia 2000 missili"

L'intervista all'Adnkronos: "L'architettura sicurezza Teheran indebolita, ma Hezbollah e Hamas si ricostruiranno"

I missili lanciati dall'Iran
I missili lanciati dall'Iran
04 ottobre 2024 | 16.43
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La chiave del futuro del Medio Oriente è nella risposta che Israele darà all'attacco missilistico della Repubblica islamica. Lo Stato ebraico è "tentato di bombardare i siti nucleari iraniani, ma se lo farà sarà guerra totale. Stavolta, infatti, gli iraniani non si limiterebbero a lanciare 200 missili contro Tel Aviv, ma 2mila". E' quanto sostiene l'iraniano Farhad Khosrokhavar, professore emerito all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (Ehess) di Parigi e autore tra gli altri del libro 'Revolt Against Theocracy: The Mahsa Movement and the Feminist Uprising in Iran' (Polity Press)', che in un'intervista all'Adnkronos commenta l'annunciata rappresaglia israeliana che tiene con il fiato sospeso i governi di tutto il mondo.

Nell'attacco del primo ottobre la Repubblica islamica ha usato 200 missili, "un numero molto, molto basso", inferiore alla prima risposta data ad aprile al raid israeliano contro il suo consolato a Damasco, quando i missili lanciati furono circa 300, ricorda il professore, secondo cui il punto è "se Israele cercherà di scatenare una guerra con l'Iran o meno. Se accadesse, l'accordo nucleare non sarà più in agenda".

Khosrokhavar è convinto che Benjamin Netanyahu voglia "la fine del regime" iraniano, ma allo stesso tempo "non è in grado di riuscirci da solo". Il capo del governo israeliano, per raggiungere il suo obiettivo, ha bisogno necessariamente degli "americani, che invece non vogliono la guerra con l'Iran perché hanno già avuto l'esperienza, molto costosa in termini di vite umane, della guerra in Iraq", ha proseguito il professore, riferendosi a quella fase che si aprì nel Paese arabo agli inizi degli anni Duemila, dopo la caduta di Saddam Hussein, e che vide attacchi quasi quotidiani da parte delle milizie sciite filo-iraniane contro le forze occidentali. "Per questo non credo che la fine del regime iraniano sia vicina", scandisce.

C'è poi un altro fattore che va tenuto ben presente, puntualizza Khosrokhavar, ed è il fatto che, nonostante le catene di comando di Hamas e Hezbollah siano state falcidiate da Israele, l'architettura di sicurezza costruita dall'Iran in questi anni grazie ai suoi proxy nella regione si è "indebolita", ma "non è crollata, è ancora lì".

E' certamente innegabile che la Repubblica islamica negli ultimi anni "abbia perso forza" a causa "in primo luogo" delle sanzioni e per gli attacchi israeliani contro i suoi alleati, "ma non nel modo in cui la maggior parte degli osservatori pensa", infatti "Hezbollah non è scomparso. E così Hamas, la cui ala militare è stata distrutta ma sarà ricostruita e non è la prima volta che accade".

Già nel 1992, ricorda il professore emerito, Israele decapitò i vertici di Hamas, così come sta accadendo a Hezbollah in questi giorni. E quale fu il risultato? Vennero nominato nuovi leader. "Anche Hezbollah - dice Khosrokhavar - sostituirà i suoi comandanti, arriverà un nuovo Nasrallah. Certamente non avrà lo stesso carisma, ma non importa, ci sarà".

Dal canto suo la Repubblica islamica, sottolinea il professore emerito dell'Ehess, non vive momenti memorabili e lo stesso presidente Masoud Pezeshkian, collocato nello schieramento riformista, è nella difficile situazione di aver promesso al Paese che porterà a casa la revoca delle sanzioni, che stanno soffocando l'economia, ma si trova a fare i conti con uno scenario sia regionale che internazionale che rema contro di lui. Se è vero che ha avuto una sorta di "approvazione condizionata" della Guida Suprema, Ali Khamenei, per avviare con l'Occidente un negoziato sul nucleare - evidenzia - il presidente vive "un momento pessimo" e tale resterà almeno fino alle elezioni americane.

"Nessuno crede che Pezeshkian sia abbastanza forte da raggiungere qualsiasi tipo di accordo senza l'approvazione della Guida e la popolazione non si fida più dell'Occidente", ma il punto principale - ritiene lo scrittore iraniano - è che durante i mesi che dal voto porteranno all'insediamento del nuovo presidente americano alla Casa Bianca "potrebbe esserci una guerra con Israele, che è una potenza egemone" e allora "la questione diventerebbe molto più complicata, altro che accordo nucleare".

Secondo Khosrokhavar, infatti, già nello scenario attuale un'intesa è "molto complicata" a causa del "sostegno occidentale ad Israele" ed è da escludere che si concretizzi prima delle elezioni Usa. Se poi dovesse vincere Donald Trump, afferma, la finestra di opportunità si chiuderebbe del tutto dal momento che "Trump e gli iraniani non si fidano l'uno dell'altro".

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