"L'indagine regionale sulla vicenda di Piombino che è stata svolta in tempi molto rapidi e con un alto livello di competenza, ha evidenziato che in tutti i casi esaminati si trattava di pazienti che avevano bisogno di monitoraggio e/o cura in area critica, ma non erano pazienti 'terminali'. Purtroppo la verosimile somministrazione abnorme di eparina ha provocato la morte di 12 dei 14 pazienti considerati, mediante un meccanismo diretto, cioè una emorragia acuta intrattabile oppure indiretto (cioè con conseguenze fisiopatologiche dell'anemia acuta in soggetti fragili). Un paziente è sopravvissuto e in un altro caso il decesso non è stato conseguente a problemi di coagulazione". Lo ha detto l'assessore regionale alla Salute, Stefania Saccardi, presentando i primi risultati della commissione di indagine sulla vicenda dell'infermiera arrestata con l'accusa di aver ucciso 13 pazienti nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Piombino.
I primi risultati della commissione di indagine è stata costituita dall'assessore Saccardi, e affidata a Riccardo Tartaglia, responsabile regionale del settore Rischio clinico, e ad altri professionisti, per analizzare e riflettere su quanto avvenuto all'ospedale di Piombino e averne dei suggerimenti e indicazioni sulle decisioni da prendere a breve e a medio termine per garantire e migliorare ulteriormente i livelli di qualità e sicurezza del sistema sanitario toscano. L'indagine penale la sta conducendo la magistratura e ha finalità diverse rispetto alle valutazioni della commissione. Durante la conferenza stampa Saccardi era affiancata da Riccardo Tartaglia e da Maria Teresa De Lauretis, direttore generale della Asl Toscana nord-ovest-
13 casi sono stati selezionati per evidenti anomalie della coagulazione negli esami di laboratorio, mentre un caso a seguito di un reclamo. Gli episodi di deficit di sanguinamento e deficit della coagulazione riscontrati hanno avuto una comparsa improvvisa, non giustificabile dal quadro clinico dei pazienti, da terapie in atto e procedure di reparto documentabili. Sono tutti compatibili con somministrazione di eparina non prescritta e a dosaggi inappropriatamente elevati.
"Al di là dei tragici episodi imputabili a un atto criminale e quindi imprevedibili – ha proseguito l'assessore Saccardi - l'analisi delle cartelle ha evidenziato una organizzazione dei percorsi clinico assistenziali adeguata alle necessità cliniche. Gli interventi diagnostico terapeutico-assistenziali sono risultati generalmente appropriati e improntati ad un'adeguata integrazione tra operatori e specialisti di differenti discipline all'interno e all'esterno dell'ospedale Villamarina".
"Tuttavia le modalità di controllo sono risultate inefficaci per problemi di mancanza di consapevolezza situazionale derivante da fattori organizzativi (leadership, continuità assistenziale, attitudine al teamworking ecc.) e di "know how" (problematiche riguardanti la fisiopatologia della coagulazione) - ha spiegato Saccardi - Il sistema locale di segnalazione e analisi degli eventi avversi ha presentato limiti rilevanti sotto il profilo dell'identificazione e comunicazione degli eventi".
"L'attuazione e verifica delle procedure clinico-assistenziali e la gestione del rischio – è intervenuto Riccardo Tartaglia - appaiono carenti soprattutto negli ultimi cento giorni del 2014, in concomitanza con l'avvicendamento delle figure dirigenziali di riferimento per la struttura complessa di anestesia e rianimazione. In tale periodo infatti non risultano sufficientemente approfonditi i casi di alterazione anomala ed improvvisa dei profili coagulativi osservati nei pazienti deceduti. Va anche detto che l'approfondimento richiesto ed attuato sul primo caso del 2015 non ha preso in considerazione la revisione aggregata dei casi avvenuti precedentemente, cosa che avrebbe avuto un significato di rilievo, pur in mancanza dei dati di laboratorio relativi all'eparinemia".
Un altro risultato emerso e sottolineato dalla commissione è che "il modello organizzativo dell'unità operativa, alla luce di quanto avvenuto, è risultato inadeguato, non tanto nella prevenzione dell'evento doloso che, per la sua atipicità e straordinarietà era difficilmente ipotizzabile, quanto nella osservazione-verifica-gestione del rischio. Nelle scelte del management aziendale, inoltre, non risulta sufficientemente riconosciuto il valore e l'importanza della gestione del rischio clinico. Non c'è stato in questo caso un coinvolgimento del risk manager aziendale".
"La bassa percezione del rischio rispetto a ciò che stava accadendo ha fatto sì che nessun decesso sia stato considerato come un evento sentinella, il che avrebbe comportato la segnalazione al Centro gestione rischio clinico e Ministero della Salute e quindi un approfondimento immediato", ha spiegato Tartaglia.
Quanto avvenuto si inserisce peraltro in un contesto con dati positivi del sistema di monitoraggio delle rianimazioni toscane che aderiscono al programma Prosafe dell'Istituto Mario Negri. Questi dati ci dicono che oltre l'80 per cento dei reparti di rianimazione inclusi nel 2014 hanno un numero di decessi osservati significativamente inferiore a quelli attesi a livello nazionale, registrando quindi una performance complessivamente migliore delle altre terapie intensive aderenti al progetto.
In particolare, la mortalità nelle terapie intensive toscane è risultata del 6% inferiore a quella nazionale, a parità di gravità dei pazienti. Si sono osservati circa 100 decessi in meno rispetto a quanto si sarebbe osservato a livello nazionale sulla medesima casistica. Questo significa che la rianimazione toscane hanno salvato 100 vite in più della media, grazie alla qualità dei servizi ed alla competenza degli operatori.
Quali le azioni di miglioramento che si intende intraprendere? "La ex azienda di Livorno – afferma Saccardi - non ha avuto in questi ultimi anni una performance sufficiente per quanto concerne la gestione del rischio clinico. Stiamo pertanto procedendo alla riorganizzazione delle funzioni di gestione del rischio clinico, affidando a un professionista di indubbia esperienza l'incarico di riorganizzare la gestione del rischio clinico in tutta l'azienda, con particolare riferimento agli ospedali periferici".
"Per quanto concerne l'ospedale di Piombino abbiamo deciso un periodo di supporto alla struttura di almeno sei mesi attraverso l'inserimento di un medico e di un infermiere dell'area della terapia intensiva esperti in gestione del rischio clinico - spiega Saccardi - Tali operatori aiuteranno anche a riorganizzare il reparto e a rigenerare il gruppo di lavoro". Con il supporto del Centro Regionale Criticità Relazionali, verrà offerto anche il sostegno psicologico a tutti gli operatori per aiutarli a uscire da questo momento di grave difficoltà.
"Peraltro è parere unanime della commissione – riferisce in conclusione Saccardi - che i piccoli ospedali, in assenza di meccanismi formativi adeguati nell'ambito della rete ospedaliera aziendale di riferimento e di quella regionale, corrono il rischio di vedere un progressivo impoverimento delle competenze professionali e culturali degli operatori sanitari locali, in relazione al ‘minor peso' della casistica osservata ed alla carenza di stimoli formativi ad esso associata. Non a caso, già nella legge 84 del 2015, abbiamo previsto la possibilità di far "girare" i professionisti per migliorare le loro competenze, professionalità e opportunità. Pertanto, in accordo con la direzione aziendale, stiamo pensando di organizzare periodi di comando in strutture di maggiore complessità assistenziali, o un co aching periodico del personale da parte di professionisti esterni".