In attesa del voto della Camera rimane al gruppo. Barelli gli scrive
Le dimissioni di Elio Vito da Forza Italia diventano un caso. Ufficializzate con tanto di lettera al presidente della Camera Roberto Fico il 19 giugno scorso, contestualmente alla decisione di non sedere più in Parlamento, terranno banco addirittura in Aula il 13 luglio prossimo, quando l'assemblea di Montecitorio (dalle 16) sarà chiamata a votare con scrutinio segreto per mettere fine alla trentennale esperienza di palazzo dell'ex ministro del Berlusconi quater (in Parlamento dal '92) o conservare lo scranno e scegliersi, a quel punto, una nuova 'casa politica'.
In attesa di giudizio Vito, che da tempo veste i panni del 'bastian contrario' dentro Forza Italia (esattamente dal sì al ddl Zan in dissenso con la linea del partito, culminato con le dimissioni da responsabile del Dipartimento Difesa e sicurezza azzurro nell'ottobre del 2021 con tanto di protesta formale al Cav), ha anche traslocato, lasciando la sua stanza al sesto piano del palazzo dei Gruppi, dove ci sono gli uffici azzurri, ma non si è iscritto al Misto e, di fatto, fa ancora parte del gruppo guidato da Paolo Barelli. Così come mantiene la carica di vicepresidente dei deputati, come si legge nel sito del partito con tanto di foto.
Molto attivo sui social (tanti i post, alcuni dei veri e propri j'accuse, nei confronti dell'attuale gestione di Forza Italia che hanno fatto storcere il naso ai vertici forzisti in varie occasioni, irritati dal continuo 'fuoco amico'), Vito non si firma più come 'azzurro' nei comunicati stampa, idem sul web.
Prima della pronuncia dell'Aula Barelli ha voluto scrivergli per prendere atto della sua 'uscita'. La missiva, di una paginetta, che l'Adnkronos ha potuto visionare (datata 22 giugno e indirizzata per conoscenza anche ai componenti del direttivo), è apparsa ai più come un invito a essere conseguente con quanto l'attuale membro del Copasir va sbandierando da tempo, ovvero che non si riconosce più in Forza Italia. Tradotto: sii coerente e lascia il partito, innanzitutto per una questione di chiarezza, ma anche di rispetto verso gli elettori.
Nel testo Barelli dice di aver appreso dalla "lettera trasmessa a Fico"e dalla stampa la decisione di Vito di separarsi. Il capogruppo forzista spiega di essere stato informato anche del 'trasloco' e di aver avuto un colloquio con l'ex ministro il 15 giugno scorso nel corso del quale aveva percepito il suo ''personale disagio''. Da qui la ''presa d'atto'' delle dimissioni: la ''militanza in Fi, ma ancor più la nostra lunga conoscenza non mi consentono di mettere in discussione le tue decisioni, che rispetto e di cui prendo atto".
A stretto giro di posta (con una mail la sera) si è fatto sentire Vito, che ha rinviato tutto al responso dell'Aula: ''Risponderò nel dibattito che ci sarà sulle dimissioni anche a questa lettera''. La lettera di Barelli, dunque, non è passata inosservata. Tra gli azzurri c'è chi considera le dimissioni di Vito l'ennesima spia di clima interno tutt'altro che sereno, dove resta l'eterna dicotomia tra l'ala moderata e più filogovernativa e i cosiddetti sovranisti.
C'è chi è convinto che l'ex radicale abbia passato il segno da molto e quindi deve trarne le conseguenze, evitando nuova 'pubblicità negativa' nei confronti di Fi, stavolta in Aula al momento del voto sulla sua richiesta di dimissioni da deputato. C'è chi invece invita a non dare troppo importanza alla vicenda, perchè le priorità in questo momento sono altre, e chi chiede a Vito di iscriversi al Misto senza cercare assolutamente di aprire un caso.
L'insofferenza di Vito viene da lontano. Lui che è un forzista di lungo corso (aderisce nel '94) e siede Parlamento dal '92 (ha iniziato la 'onorevole' carriera con i Radicali grazie alla Lista Pannella), gioca da almeno un anno la parte del 'dissidente': oltre a puntare i piedi a difesa della legge contro l’omotransfobia e sui diritti Lgtb, in occasione della partita del Colle è stato l'unico nome certo nel centrodestra tra i grandi elettori che non hanno sostenuto la candidatura di Elisabetta Alberti Casellati.
Non solo: componente del Copasir dal 2018, nell'aprile del 2021 lasciò l’organismo bicamerale di garanzia in segno di protesta contro le mancate dimissioni del presidente, il leghista Raffaele Volpi. L'ex ministro si è scagliato poi contro la fiducia posta dal governo Draghi al dl Ucraina. Fino ad arrivare alla classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: le frasi filoputiniane di Berlusconi sul conflitto ucraino, ma soprattutto la scelta di Fi di apparentarsi con Casa Pound e Lucca in vista del ballottaggio alle comunali del 26 giugno.
"A seguito della mia decisione di lasciare Forza Italia, il partito nelle cui liste sono stato eletto, rassegno le mie dimissioni dal mandato parlamentare", ha scritto Vito su twitter il 19 giugno riportando il passaggio decisivo della sua lettera di dimissioni a Fico. In quell'occasione lanciò l'ennesimo affondo contro Fi, accusata di aver perso la ''sua natura di movimento politico leaderistico liberale e democratico''.