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"Mi dicono 'quando ti decidi?'", parla Cairo

"Qualcuno mi considera punto di coagulo centrista" ma "al momento l'idea non mi sfiora"

Urbano Cairo (IPA/ Fotogramma)
Urbano Cairo (IPA/ Fotogramma)
26 agosto 2019 | 11.35
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"Non le nascondo che ricevo numerose sollecitazioni in tal senso. In tanti che mi chiamano e mi dicono: ma quando ti decidi? E' venuto il tuo momento. Tocca a te. Devi darti da fare per il Paese. Io ascolto tutti, con umiltà, mi fa piacere sapere che qualcuno mi considera il punto di coagulo di un nuovo schieramento centrista. Però, come le ho detto, al momento l'idea non mi sfiora". Lo afferma Urbano Cairo, intervistato da 'Il Foglio'.

"Io non sono e non sarò mai l’erede del Cavaliere. Io sono molto diverso da lui - prosegue -. Per essere ancora più chiaro: non vivo nell’attesa di ricevere una qualche investitura né intendo assumere la guida di partiti già esistenti che hanno attraversato una parabola puntellata di successi e fallimenti. Nella vita non si prende il posto di qualcun altro. Se si vuole compiere il grande passo, si dà vita a una creatura inedita, la s’inventa di sana pianta. Gli innovatori inventano il nuovo, non riciclano il vecchio". Qualcuno lo ha definito 'berluschino' e 'cavalierino'. "Le trovo espressioni spregiative. Io - sottolinea - sono orgoglioso di aver lavorato per il Dottore, all’epoca avevo trent’anni, oggi ne ho più del doppio. Lui è sempre stato bravo nello sviluppare i ricavi delle aziende ma non si è mai occupato delle singole voci del conto economico, delegando questa attività ad altri. Io non delego".

Insomma, Urbano Cairo pronto a scendere in campo in politica? "Al momento l’idea non mi sfiora" ribadisce. "Progettavo la scalata a Rcs da dieci anni senza farne mai parola con nessuno, nell’assoluto riserbo. Un giorno l’ho realizzata. I sogni non si svelano in anticipo: si mettono in pratica" afferma, sottolineando che "ho chiaro in testa quello che va fatto. Al momento, però, non sono nelle condizioni di poter assumere ulteriori impegni. Al momento, non saprei immaginarmi in ruoli diversi. Sulle mie spalle grava la responsabilità di cinquemila dipendenti diretti, persone in carne ed ossa con le rispettive famiglie, cui se ne aggiungono altrettanti nell'indotto. Le aziende del gruppo, quando le ho acquistate, perdevano complessivamente tra i 350 e i 400 milioni l'anno, oggi ne guadagnano cento. Io le ho salvate".

SPESA PUBBLICA - E ancora: "Sì, ho dato un'occhiata" al bilancio dello Stato "per capire entrate, uscite, come funziona. Mi piace andare in fondo alle cose. Ho scoperto che i soli costi di beni e servizi – non parlo né di dipendenti pubblici né di pensionati – ammontano a oltre 180 miliardi all'anno. Un'enormità. Se riduci un po', puoi fare una manovra super espansiva; allora sì che metti i soldi nelle tasche degli italiani e gli italiani li spendono. Tagliare la spesa pubblica non è un'impresa folle: è possibile" afferma Cairo.

FUTURO - "Io - sottolinea - ho acquistato aziende in rosso, destinate alla catastrofe, e le ho risanate senza licenziare nessuno. Nelle mie aziende non mi occupo soltanto di tagli ma sviluppo anche i ricavi. Così, fuor di metafora, all'Italia non serve l'ennesimo 'Mr. Spending Review', né un ministro incaricato di sforbiciare qua e là. Serve un capo con una strategia e una visione per il futuro".

SALVINI - "Le dico come la vedo io. Matteo Salvini è perfetto per le campagne elettorali, ha portato il suo partito dal 4 al 34 per cento delle elezioni europee, anche se un recente sondaggio segnala un repentino calo al 31, mi pare. Lui sa agitare le piazze, fomenta le folle da politico esperto qual è ma governare è tutta un’altra storia. Facendo la voce grossa in Europa, che cos’ha ottenuto? Questo mostrare i muscoli così smaccato ha forse dato qualche frutto? E’ servito soltanto alla Lega che ha raddoppiato i consensi nel giro di un anno" dice Cairo, intervistato da Annalisa Chirico.

DI MAIO - E il M5S? "Ha promosso in ruoli istituzionali gente senza esperienza, che non ha mai studiato, che non ha mai fatto la gavetta. La giovane età va bene ma da sola non basta. Non sempre essere giovani è la soluzione: la competenza è fondamentale, soprattutto di fronte ai problemi complessi in una società complessa. Non esistono ricette facili. Perciò un leader onesto non promette l’Eldorado: se non lo realizzi, la gente si stufa e l’escursione del consenso è fulminea".

REDDITO - "Un'agenda economica seria non dovrebbe partire né dai sussidi né da provvedimenti, tipo quota 100, che mirano a mandare prima la gente in pensione. Che poi, e qui parlo da imprenditore, se vanno via tre dipendenti non è detto che li rimpiazzi tutti e tre. Pure il decreto dignità ci ha complicato la vita togliendo a tante persone la dignità di un impiego. Aumentando i costi dei licenziamenti e obbligando ad assumere a tempo indeterminato, molte aziende si sono trovate, giocoforza, nella condizione di non poter rinnovare i contratti flessibili, il che è del tutto irragionevole, soprattutto in un momento economico come quello attuale. La vita insegna che le cose precarie, spesso, sono le più durature. Capisco che vorremmo tutti un'occupazione ultra garantita ma non attraversiamo una fase di boom. Allora io dico: meglio un contratto a tempo che nessun contratto" dice Urbano Cairo.

CAPISALDI - I capisaldi della 'Caironomics'? "In primo luogo, vanno incentivati gli investimenti prevedendo un piano di robuste agevolazioni fiscali per le imprese che puntano sui beni produttivi. Va facilitato l'accesso al credito perché molte aziende affrontano problemi di liquidità anche di breve periodo e vanno sostenute, non penalizzate. Terzo punto: un cuneo fiscale esorbitante ci penalizza rispetto ai nostri competitor. Se io pago un dipendente 70mila euro all'anno, per quale ragione lui deve intascarne soltanto 30mila? E poi serve una seria riforma fiscale che allenti il peso sulle famiglie del ceto medio. Quinto e ultimo punto: la giustizia, in particolare quella civile. L'incertezza dei tempi per far valere un contratto disincentiva gli investitori".

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