La religiosa, autrice di Dead Man Walking, è da 35 anni una delle principali voci contro la pena di morte negli Stati Uniti.
"Questa è un'amministrazione che ha come motivo d'orgoglio la violenza e la forza, e Donald Trump ha deciso di mandare a morte il maggior numero di persone prima di lasciare la presidenza". Così sister Helen Prejean, la religiosa che da 35 anni è una delle principali voci negli Stati Uniti contro la pena di morte, commenta quella che non esita definire "killing spree", una follia omicida, dell'amministrazione uscente che, dopo aver interrotto la moratoria di 17 anni delle esecuzioni federali, ha mandato a morte 10 persone da luglio a dicembre. Ed ha fissato altre quattro esecuzioni a gennaio, negli ultimi giorni della presidenza Trump.
"Una tempistica così crudele, quanto può valere la vita, otto giorni", prosegue, intervistata dall'Adnkronos, riferendosi al fatto che l'esecuzione di Lisa Montgomery, la prima federale di una donna dal 1953, è stata fissata per il 12 gennaio, otto giorni prima dell'insediamento di Joe Biden, che ha già annunciato che intende fermare le esecuzioni federali e dare incentivi agli Stati per fare lo stesso.
"La sua vita è nelle mani di Trump, che decide chi vive e chi muore, perché vuole passare come un presidente duro, law and order, ma solo otto giorni dopo la sua vita sarebbe salva", aggiunge l'autrice di Dead man walking, il libro da cui è stato tratto il famoso film con Susan Saradon e Sean Penn in cui racconta la storia di uno condannati che in questi anni ha accompagnato fino all'ultimo.
"Non si può mettere la vita e la morte nelle mani degli individui che commettono errori, sono mossi da interessi politici", continua affermando che "la follia omicida dell'amministrazione Trump" forse potrà "aiutare a risvegliare le coscienze" contro la pena di morte e la sua "arbitrarietà" che è insita nella stessa sentenza con cui la Corte Suprema l'ha reintrodotta nel 1976.
Anche perché il triste record di esecuzioni federali a cui punta Trump è in controtendenza con la direzione che ha preso il Paese nei confronti della pena di morte: sono ormai 22 gli Stati che l'hanno abolita e, come ha ricordato sister Helen in un recente articolo sul Washington Post, "se nel 1992 quando è uscito il mio libro l'80% degli americani sosteneva la pena di morte, nel 2019, di fronte all'alternativa dell'ergastolo, solo il 36% la sosteneva".
Un'evoluzione della coscienza che è avvenuta attraverso "un lungo processo graduale", spiega ancora la religiosa nell'intervista in cui sottolinea il ruolo delle "persone che come me hanno avuto un'esperienza diretta, che portano le storie che fanno capire cosa significa uccidere una persona in nome nostro". Un processo anche all'interno della comunità cattolica. Perché sister Helen sottolinea come sìa stato "significativo che Papa Francesco nel 2018 abbia cambiato il catechismo cattolico dichiarando la pena di morte mai ammissibile, non importa quanto sia grave il delitto".
"E qui abbiamo cattolici come William Barr e nella Corte Suprema che mostrano come la loro comprensione e pratica del cattolicesimo sia molto selettiva", afferma riferendosi all'ormai dimissionario attorney general di Trump che ha firmato lo scorso luglio la ripresa delle esecuzioni. E rivela che "diverse persone, in modo riservato, dietro le quinte hanno tentato di vedere se fosse possibile un intervento" da parte del Vaticano "su Barr dal momento che si professa cattolico", ma dice di non sapere se questo sia avvenuto.
Sister Helen critica poi il fatto che Barr sia stato premiato per il suo esempio di cattolico dal National Catholic Prayer Breakfast nonostante la ripresa delle esecuzioni. E ricorda come durante il dialogo diretto che ebbe con Giovanni Paolo II nel 1996 parlò dei "cattolici che dicono di essere pro life ma sembra che dicano che sono per la vita degli innocenti ma non per quelli che hanno commettono crimini".
"Volevo essere molto personale perché il Papa potesse capire - racconta - ho detto 'io accompagno le persone all'esecuzione, con i ceppi alle mani ed i piedi, li legano sul lettino, completamente inermi e li uccidono, dov'è la dignità in questa morte?". Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita a St Louis nel 1999 mise la questione della pena di morte insieme agli altri della difesa della vita.