Il "grande e semplice studio Solidarity dell'Organizzazione mondiale della sanità", che ha messo sotto la lente in 30 Paesi diverse potenziali terapie contro Covid-19 'bocciando' il remdesivir, non fornirebbe in realtà una risposta definitiva sull'efficacia di questo farmaco.
E oltretutto cozza "con altri dati, secondo i quali il medicinale può avere un ruolo importante" contro l'attacco del virus pandemico. Benefici "per i pazienti e per gli stressati sistemi sanitari che sono stati alla base della recente approvazione del remdesivir da parte della Food and Drug Administration americana. A sostenerlo in un editoriale sul 'New England Journal of Medicine' sono tre specialisti Usa, convinti che il maxi-studio Solidarity non abbia portato a risposte definitive sul remdesivir.
David Harrington della Harvard School of Public Health, la collega Lindsey Baden della Division of Infectious Diseases at the Brigham and Women's Hospital e Joseph Hogan del Department of Biostatistics della Brown University mettono in luce nel loro editoriale alcuni punti deboli dello studio che ha portato l'Oms (e alcune Agenzie regolatorie) a rivedere le linee guida sul trattamento della malattia. Ma secondo i ricercatori questo trial su 11.330 persone è troppo eterogeneo e, più che essere definitivo, apre ulteriori interrogativi sul medicinale.
Insomma, se per idrossiclorochina, lopinavir e interferone-beta-1a lo studio mostra chiaramente l'assenza di benefici contro Covid-19, "i vantaggi del quarto medicinale - scrivono - potrebbero consistere nella sua abilità a modificare il corso del ricovero in alcuni pazienti". Solidarity "apre a domande a cui si può rispondere solo con un trial controllato contro placebo con dati complessi". Forse questo farmaco va riservato a un particolare gruppo di pazienti, o l'efficacia dipende dal momento della somministrazione. O, ancora, è legata all'uso combinato con altri medicinali, ipotizzano i ricercatori. Per avere delle risposte, la semplicità dello studio Solidarity non basta, concludono gli esperti.