L'atleta armeno naturalizzato italiano: "Non so che interessi ci siano per cui non si può fermare conflitto che dura da 30 anni"
"L'Italia e tutta la comunità internazionale dovrebbero far sentire la loro voce" al fianco dell'Armenia, che "sta combattendo contro l'Azerbaigian, la Turchia e l'Isis", in Nagorno Katabakh si rischia "un nuovo genocidio". E' l'appello lanciato attraverso l'Adnkronos dal kickboxer Giorgio Petrosyan, armeno naturalizzato italiano, tornato a Erevan per la prima volta dopo 21 anni nelle settimane scorse e rientrato in Italia il 27 settembre, proprio nelle stesse ore in cui nella regione contesa riesplodeva la guerra tra Armenia ed Azerbaigian.
"I turchi hanno già compiuto un genocidio, mai riconosciuto, nel 1915 e adesso vogliono farne un secondo - denuncia Petrosyan, firmatario, insieme ad altre 130 personalità, di un appello nel quale si chiede all'Italia di sostenere la lotta per la libertà dell'Armenia - Io non so che interessi ci sono nel mondo per cui non si possa fermare questa guerra che va avanti da 30 anni".
Secondo il kickboxer, considerato a lungo il più forte al mondo nella sua divisione di peso, Turchia e Azerbaigian "si stavano già preparando da tempo, avevano programmato tutto da tre mesi, con l'esercito di Ankara che al confine conduceva delle esercitazioni".
"L'Armenia - sottolinea Petrosyan - è in guerra contro l'Azerbaigian, la Turchia ed i jihadisti dell'Isis che vengono mandati al fronte" da Siria e Libano, "come denunciato anche dal presidente francese Emmanuel Macron". "Ma in Italia se ne parla poco e niente - lamenta l'atleta - e invece dovrebbe alzare la voce, come tutto il mondo, contro la Turchia, che è un Paese della Nato e non può assolutamente bombardare i civili. Nel 2020 non può esserci un altro genocidio".