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Libano, Conte domani a Beirut

Gemayel: "Grande ruolo dell'Italia, la visita di Conte rafforza i rapporti". L'ambasciatrice a Roma: "L'Italia c'è". Gli aiuti italiani dopo l'esplosione a Beirut

(Fotogramma)
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07 settembre 2020 | 17.33
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Il premier Giuseppe Conte arriva nella notte a Beirut per una visita di qualche ora, che inizierà dal porto della capitale libanese devastata il 4 agosto scorso da una terribile esplosione che ha provocato 190 morti, migliaia di feriti, mentre decine di migliaia di persone sono rimaste senza casa, e danni per 4,6 miliardi di dollari.

Con la sua missione, la prima all'estero dopo la pausa estiva, Conte intende valorizzare la solidarietà italiana concretamente e immediatamente assicurata al Libano all'indomani dell'esplosione, riaffermare il sostegno dell’Italia alla stabilità del Paese ed alla sua crescita socio-economica, incoraggiando tutte le forze politiche a superare le divergenze dando vita ad un esecutivo in grado di affrontare efficacemente le difficili sfide del Paese politiche, economiche, sociali, venendo incontro alle aspettative della popolazione. Terzo obiettivo, quello di valorizzare il contributo italiano alla sicurezza del Libano (Unifil, Mibil, Missione militare bilaterale, forniture alle Forze armate libanesi).

Dopo la visita al porto ed alla nave 'San Giusto' della Marina Militare, Conte ha in agenda un incontro con il presidente della Repubblica, Michel Aoun, con il presidente del Parlamento, Nabih Berri, con il premier dimissionario, Hassan Diab, e con quello incaricato, Mustapha Adib. La missione terminerà all’ospedale da campo dell’operazione "Emergenza Cedri".

Il presidente del Consiglio arriva mentre a Beirut continuano le consultazioni per la formazione del nuovo governo, dopo le dimissioni del primo ministro, arrivate qualche giorno dopo l'esplosione, e mentre continua forte la pressione della comunità internazionale, Francia in testa, perché il Libano metta in atto riforme politiche, economiche e finanziarie in cambio degli aiuti. Pressioni che in realtà vanno avanti da mesi, da quando Beirut ha chiesto il sostegno del Fondo monetario internazionale.

La duplice esplosione dello scorso 4 agosto al porto di Beirut non ha solo stravolto uno dei principali scali del Mediterraneo, ma ha anche dato uno scossone a una classe politica in stallo. A un Paese che da mesi si trova ad affrontare una delle peggiori crisi economiche della sua storia, aggravata dalla pandemia di coronavirus, con manifestazioni di piazza quotidiane e la perdita di fiducia nella leadership accusata di corruzione.

Leadership che, da subito, ha dovuto farsi di lato. Il primo ministro Hassan Diab ha rassegnato le dimissioni meno di una settimana dopo l'esplosione. Al suo posto è stato nominato il diplomatico Mustapha Adib, che per sette anni è stato ambasciatore di Beirut a Berlino, al quale il presidente Michel Aoun ha affidato l'incarico di formare un nuovo governo. Questo non significa che si terranno nuove elezioni, anche se la piazza e non solo le chiede a gran voce. Il timore principale dei libanesi è infatti che ci si limiti a mettere ''una nuova maschera al vecchio sistema''.

Se il compito di Diab era tirare fuori il Libano dalla crisi finanziaria, obiettivo che l'ex premier dice di non essere riuscito a raggiungere per ''la corruzione che ha asfissiato la classe politica del Paese'', quello di Adib è ancora più difficile di fronte a un Paese a pezzi. L'unica speranza è che venga permesso al nuovo premier di creare un governo con personalità credibili e professionali, che possa dare stabilità politica ed economica al Libano. A suo favore il fatto che sia stato approvato dai leader politici sunniti, del Movimento patriottico libero cristiano e dei gruppi sciiti Amal e Hezbollah.

E cresce la preoccupazione dei 7 milioni di libanesi. La metà di loro, secondo le Nazioni Unite, vive in condizioni di povertà, con un 23 per cento classificato in stato di ''estrema povertà''. Inoltre, sempre dati Onu, il 10 per cento della popolazione libanese detiene il 70 per cento della ricchezza del Paese. La disoccupazione si attestava al 40 per cento prima della pandemia da Covid-19 e ora il Paese lotta per l'imporazione di cibo e medicine.

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