Tar respinge il ricorso presentato dalla Ong, mentre la procura di Agrigento apre un'inchiesta. 50 città tedesche pronte ad accogliere i 43 richiedenti asilo, ma Berlino "al momento non è d'accordo"
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della Sea Watch 3 che si era rivolta in via d’urgenza al Tribunale per contestare il divieto di ingresso in acque territoriali e il 'no allo sbarco' notificato a bordo dalla Guardia di finanza in applicazione del decreto sicurezza bis.
Sul caso la Procura di Agrigento ha aperto una nuova inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In particolare, il procuratore aggiunto Salvatore Vella, che coordina le indagini sull’immigrazione clandestina, ha aperto un fascicolo per ora contro ignoti e gli uomini della Squadra mobile stanno ascoltando i migranti sbarcati alla ricerca di eventuali scafisti.
La nave della Ong tedesca, che l'11 giugno ha salvato 53 persone al largo della Libia, e a cui è stato vietato l'ingresso nelle acque territoriali italiane, resta ferma al largo di Lampedusa con 43 persone a bordo dopo che due giorni fa è stato autorizzato lo sbarco di 10 persone, tre minori, tre donne di cui due incinta e due accompagnatori, due uomini malati.
Su Twitter Sea Watch Italy, ha reso noto che "dopo oltre 6 giorni dal soccorso, i 43 naufraghi a bordo, di cui 6 donne e 3 minori non accompagnati, uno di soli 12 anni hanno bisogno di sbarcare subito" e ha chiesto "con forza che si faciliti la disponibilità delle città tedesche pronte ad accoglierli"
POLEMICHE IN GERMANIA - Nell'immobilità di Berlino e dei Paesi dell'Unione Europea, oltre 50 comuni tedeschi hanno infatti manifestato la propria disponibilità ad entrare a far parte di una rete di accoglienza dei richiedenti asilo salvati nel Mediterraneo: ad annunciarlo è stato un portavoce del ministero dell'Interno di Berlino, precisando che le città che si sono rese disponibili lo hanno comunicato per iscritto. Il trasferimento, tuttavia, è al momento ostacolato dal ministro Horst Seehofer (CSU), che si è detto contrario. Per il settimanale 'Der Spiegel', tuttavia, "non si esclude una soluzione". Il prerequisito per Seehofer è "la partecipazione più ampia possibile degli Stati membri dell'Ue e l'assunzione del coordinamento da parte della Commissione europea".
Sea-Watch ha criticato il governo tedesco, accusandolo di restare immobile in attesa di una soluzione europea. "La Germania è chiamata" in causa, ha dichiarato il portavoce Ruben Neugebauer, accusando il ministro dell'Interno Horst Seehofer di bloccare il raggiungimento di una soluzione. Neugebauer ha poi esortato gli altri stati europei ad impegnarsi sul caso con il coordinamento della Commissione.
IL MONITO CONSIGLIO UE - Intanto un monito per l'approccio degli Stati europei alla migrazione nel Mediterraneo è arrivato dal Consiglio d’Europa che, attraverso la commissaria per i diritti umani, Dunja Mijatovic, ha chiesto che alla Sea Watch 3 venga garantito "un porto sicuro, rapidamente accessibile" e la Libia non lo è. "Sono molto preoccupata per l'attuale approccio del governo italiano sulla questione - ha detto - Le ong, come Sea Watch, sono cruciali per salvare vite in mare, specialmente dopo che i Paesi europei hanno lasciato un vuoto negli ultimi anni nella capacità di soccorso". Secondo la commissaria, "piuttosto che stigmatizzare, attaccare e criminalizzare le ong, bisognerebbe sostenerle: penalizzare loro o atri perché salvano vite in mare è contro la legge del mare ed il diritto umanitario".
"Si è troppo incentrati sull’obiettivo di impedire ai rifugiati e ai migranti di raggiungere le coste europee e troppo poco sugli aspetti umanitari e dei diritti umani. Tale approccio ha conseguenze tragiche", ha dichiarato in precedenza Mijatovic pubblicando una raccomandazione in cui individua le carenze di questo approccio e mira ad aiutare gli Stati membri a riformulare la loro risposta in conformità alle norme sui diritti umani.
"Una serie di Stati ha adottato norme, politiche e pratiche contrarie ai relativi obblighi giuridici di garantire efficaci operazioni di ricerca e soccorso, uno sbarco rapido e sicuro e la cura delle persone soccorse, nonché la prevenzione della tortura e di trattamenti inumani o degradanti", ha denunciato la Commissaria. "Sebbene abbiano il diritto di controllare i propri confini e di garantire la sicurezza, gli Stati hanno anche il dovere di proteggere efficacemente i diritti sanciti dalle normative marittime e in materia di diritti umani e rifugiati", ha dichiarato Mijatovic.
Quanto alla situazione in Libia, Mijatovic sottolinea come "le prove dimostrino che questo Paese non è sicuro: è in corso una guerra e i migranti affrontano un trattamento disumano, come torture, schiavitù, violenza sessuale, detenzione arbitraria e a tempo indefinito. I migranti ed i rifugiati soccorso non dovrebbero essere rimandati lì: è dunque non solo ragionevole, ma necessario, che i capitani di queste navi esercitino la loro discrezione nel rifiutarsi di rimandare i migranti ed i rifugiati in Libia e questo non dovrebbe essere sanzionato in alcun modo dagli Stati".
La commissaria conclude affermando come "non ci siano dubbi che l'Italia sia tra i Paesi in prima linea che hanno affrontato sfide enormi nel soccorso e nell'accoglienza dei migranti: è dunque necessario che altri Paesi europei si assumano la loro parte di responsabilità nel fare questo". In ogni caso, "i disaccordi politici sugli sbarchi non devono mai superare i diritti umani e le preoccupazioni umanitarie: è per questo - conclude Mijatovic - che Sea Watch 3 deve presto ricevere un porto sicuro e rapidamente accessibile, le vite umane devono sempre venire prima degli accordi politici".