La testimonianza in aula nel processo per i depistaggi: "Questa storia ci ha distrutto"
"Stefano aveva una vita davanti, poi è successo quello che è successo". A dirlo Rita Calore, la mamma di Stefano Cucchi sentita come testimone nel processo sui presunti depistaggi seguiti alla morte del figlio, che vede imputati otto carabinieri. "Stefano aveva avuto dei problemi e aveva frequentato la comunità di recupero per 4 anni, ne era uscito benissimo - ha detto la mamma di Stefano Cucchi che è parte civile nel processo - lavorava col padre, si stava ricostruendo una vita. Nei mesi che hanno preceduto il suo arresto e la sua morte, era tornato quello che era sempre stato da piccolo e da adolescente. Stefano stava benissimo, si alzava la mattina e andava a correre, passava in chiesa per dire una preghiera. Andava al lavoro da mattina a sera e poi in palestra. Erano anni che non soffriva più di crisi epilettiche".
Su Stefano "hanno detto di tutto e di più. Sono state detto cose inventate e inaccettabili, che era anoressico, che era sieropositivo. Cose dette per fare male a noi e a Stefano. Stefano mangiava, curava l’alimentazione per via dello sport che praticava, il pugilato", ha raccontato la madre. Il giorno dell’arresto, ha spiegato, "era stato a cena da noi, abbiamo riso, scherzato, stava benissimo". "Questa storia ci ha distrutto fisicamente e economicamente: abbiamo passato momenti terribili, abbiamo chiesto prestiti in banca per far fronte alle spese del processo. Il lavoro ne ha risentito, lo studio, dove lavorava anche mia figlia Ilaria, è andato sempre peggio, alcuni nostri dipendenti sono andati via. Per dieci anni - ha continuato Calore - non ho mancato un’udienza, poi mi sono ammalata prima io, poi mio marito".
All’istituto di medica legale "ci fecero vedere il cadavere dietro una teca di vetro. E io - ha detto la madre di Stefano - che lo avevo partorito, per una frazione di secondo ho fatto fatica a riconoscerlo. Aveva un lenzuolo sul corpo, era coperto fino al collo, era uno scheletro, con gli occhi mezzi aperti, la bocca aperta. Solo dopo abbiamo scoperto il resto del corpo, con le fratture dietro la schiena. C’erano tantissimi poliziotti lì e ne ricordo uno che girava intorno alla teca scuotendo la testa come a dire 'non è possibile". "Davanti a quel corpo - ha raccontato Rita Calore - abbiamo giurato che verità e giustizia sarebbero venute fuori. Poi arrivò la decisione di rendere pubbliche le foto del suo corpo, all’inizio ero contraria ma se non avessimo pubblicato le foto nessuno ci avrebbe creduto. Leggevamo le cattiverie più nere".
"Noi non avevamo assolutamente abbandonato Stefano", ha detto dal canto suo Giovanni Cucchi, padre di Stefano, ricordando che il figlio "si era ripreso dalla droga, stava bene, lavorava con me, era entusiasta del lavoro. Quando è stato arrestato per droga mi è caduto il mondo addosso, una doccia fredda". "Porto sempre con me una lettera di Stefano scritta nell'agosto 2006 per dimostrare che mio figlio teneva alla sua famiglia e noi a lui". Una lettera che e’ stata letta oggi in aula tra le lacrime dal padre di Stefano. "Ilaria ha dovuto scrivere un libro per smentire che noi lo avessimo abbandonato. La sera dell'arresto nessuno gli ha rivolto brutte parole. Certo, eravamo delusi".
In tribunale "lo avevo visto col volto sfigurato, gonfio come una zampogna e con le borse sotto gli occhi. In aula Stefano mi disse 'papà, sono stato incastrato'. Aveva la manette e buttandomi le braccia al collo mi disse 'è finita' e io lo tranquillizzai dicendo 'ti portiamo in comunità'".