"Io non farò più il cuoco praticamente, farò il controllore. I menu? Saranno di carta, usa e getta"
di Federica Mochi
"La riapertura? Per molti sarà un salasso, un massacro". Filippo La Mantia non usa mezzi termini. Lo chef palermitano, classe 1960, è pronto a riaprire il suo 'Oste e cuoco', il ristorante milanese inaugurato 5 anni fa in piazza Risorgimento. Ma come molti suoi colleghi, esprime perplessità per quelle che potrebbero essere le linee guida del settore della ristorazione. Regole severe, come quattro metri quadri per ogni cliente, che, oltre alla riduzione fortissima dei coperti, potrebbe significare non riaprire mai più.
"Sono col metro in mano - spiega con un filo di ironia all’Adnkronos -. Né io né nessuno si può permettere di giudicare le scelte tecniche di sicurezza, per carità, ma è molto difficile visualizzare un luogo dove intorno a una persona ci siano 4 metri quadri di distanziamento, è tanto. Io finora, avendo un locale molto grande, riesco a gestire la situazione. Non voglio fare l’avvocato di nessuno ma chi ha locali piccoli avrà molti problemi". Se confermate, le indiscrezioni che parlano di quattro metri quadrati per ogni cliente e due metri tra un tavolo e l'altro porterebbero al collasso migliaia di attività, che vedrebbero ridurre sensibilmente i posti a sedere. "Per i piccoli riaprire così è impossibile - fa notare La Mantia -, se io non avessi così tanto spazio non potrei farlo. A queste condizioni conviene non aprire affatto". Lui assicura che lo farà. "Devo capire quello che succederà, per me è fondamentale - spiega - ma non sarei pronto dal 18, non si fanno le cose di fretta, è impossibile. Se si aprirà a partire da quella data io potrei riaprire dal 22, in fondo 4 giorni non mi cambiano la vita. Devo fare le cose per bene". Al momento, spiega, "facciamo l'asporto dal 4 maggio e io stesso vado a fare le consegne a casa".
La confusione però è ancora tanta. "In Lombardia dobbiamo ancora capire quando potremo riaprire, devo riorganizzare i ragazzi e rifare i menu". Già i menu. Quelli cartacei sono condannati a sparire. "Devono essere usa e getta, come le mascherine - dice lo chef -. Io li stamperò su fogli A4 e quando il cliente avrà finito di ordinare li butterò via. Quei bei menu con le immagini e il logo che usavamo fino a poco tempo fa andranno a farsi benedire". Il danno è ingente. "E' tutto un danno - rimarca La Mantia - tra sanificazioni, liquidi, mascherine e guanti, è un salasso. Credo che una buona parte dei ristoratori chiuderà per sempre. È un massacro. Io sono qui da stamattina alle 8, mi sono svegliato alle 5.30 con questi pensieri, per capire come riorganizzare il ristorante. C’è l’adrenalina di tornare a lavoro ma dobbiamo capire cosa dobbiamo fare, non ci hanno ancora detto niente".
Ma il personale dovrà fare tamponi? "Lo dico da un mese a chiunque - sottolinea lo chef - un luogo pubblico, a prescindere che sia un ristorante, e che ha persone che interagiscono con il pubblico deve avere la cognizione di quello che hanno o non hanno i propri dipendenti. Ci sono tantissimi asintomatici. Bisognava organizzare una task force per fare tamponi a tutti quelli che hanno a che fare col pubblico ma mi rendo conto che è fantascienza, irrealizzabile".
Poi c’è il capitolo autocertificazione per le famiglie che si presenteranno a tavola. "Ma se viene una coppia - osserva lo chef - e mi dà l'autocertificazione, cosa dimostra a me ristoratore? Oppure penso ai famigliari. Se arrivano 6 persone di una stessa famiglia, io devo chiedere i documenti a tutti per vedere se i cognomi corrispondono o il certificato di residenza per vedere se abitano nello stesso appartamento? Nella tragedia immane sembra di stare nel film dei 'Gremlins', dove se si bagnano si riproducono a dismisura. Ecco, anche qui si riproducono le paranoie. Io non farò più il cuoco praticamente, farò il controllore. Mi dovrò mettere in cassa ad accertare che tutto sia in sicurezza, che devo fare?".
Nel suo ristorante, assicura, tutto il persona lavora in cucina in piena sicurezza "dai quando abbiamo iniziato a fare i pasti per il Niguarda all’asporto, tutti indossano mascherine e guanti e viene fatta la sanificazione". Ma i lavori per riaprire in sicurezza sono ancora in corso: "Ora dovranno venire i tecnici dell’impianto di condizionamento per controllare i filtri - spiega -. Ma tutte queste voci, mascherine, sanificazioni, guanti, pannelli, gel disinfettante, sono moneta allo stato puro, soldi. L'impianto che ho fatto a dicembre dovrò rifarlo in versione coronavirus. Devo cambiare tutte le uscite dell’aria".
La preoccupazione è molta. "Fino ad oggi di spazio ne ho tantissimo - ammette - ma devo capire se potrò mantenere questo luogo o dovrò cercare un altro posto, viste le nuove tendenze di ricevere meno persone. Non ci sarà il buffet, niente più eventi. Il mio ristorante aveva motivo di esistere perché grazie a Dio lavoravo tantissimo ma oggi non so come sarà. Forse ci faranno allargare la parte esterna e monteremo più tavoli fuori".
L'unica cosa che conta per La Mantia è il benessere e la sicurezza dei suoi clienti. "Con loro comunico giornalmente - rimarca - hanno un interesse commovente per la mia azienda. Mi scrivono in centinaia, passano tutti a prendere cibo da asporto. Io farò tutto quello che posso per loro, dove potrò arrivare, arriverò".