Un imprenditore di 45 anni in pochi giorni ha visto il luogo in cui vive trasformarsi in un "paese fantasma"
Un paese fantasma con una generazione cancellata e interi nuclei familiari scomparsi. Nembro è una cittadina da ricostruire, ma più che con la forza illimitata dei bergamaschi, con la pazienza di chi dovrà ricominciare a guardarsi negli occhi senza avere paura. È questo il sentimento che si respira nelle parole di Carlo Carrara, imprenditore di 45 anni, che in pochi giorni ha visto trasformarsi le strade che conosce da una vita in un cimitero dove, però, il coronavirus non solo uccide una persona cara ma non concede il lusso neppure di stringerla a sé per l'ultima volta.
"È iniziato tutto all'improvviso, un morto, poi sono diventati sette, otto, e ora quasi non riusciamo più a contarli", racconta all'Adnkronos. "Abbiamo avuto più di 90 vittime in circa tre settimane su una popolazione di 11 mila, nel 2019 ci sono stati in tutto 120 decessi. In un paese in cui ci si conosce tutti non sono numeri, ma persone. Una volta in ospedale di loro non si sa più nulla, poi si riceve quella telefonata che non si dimentica".
Il Covid-19 "ha ucciso mio suocero e una mia nonna, affetti che ho dovuto salutare senza nessuna cerimonia, senza potergli stare vicino fino alla fine. Oggi tante persone che conosco stanno lottando e ogni casa ha un lutto, abbiamo scoperto che la Cina non è così lontana. Nembro è diventata una distesa di bare", dice Carlo tra un sospiro e l'altro. È un uomo ferito, ma non molla e invita gli italiani a resistere: "Io spero che in tutte le altre regioni facciano tesoro di quello che sta succedendo qui: restate a casa, solo stando a casa si può evitare il contagio e di contagiare".
Il suo è un racconto lucido, fatto di numeri, di chi prova a riavvolgere il nastro, di datare il focolaio innescato a febbraio scorso tra Nembro e Alzano Lombardo, un'area su cui è stata invocata da subito la zona rossa scattata forse con ritardo. "Il governo ha tentennato, Roma è distante, e gli imprenditori senza aiuti dello Stato hanno premuto per restare aperti. All'inizio nessuno ha avuto la percezione di una cosa così grave, ma ora che si conoscono i rischi è da incoscienti continuare a uscire di casa", spiega Carlo che guida un'impresa edile con 25 dipendenti.
Le attività quotidiane sono quasi azzerate. "Ieri sono uscito per fare la spesa e nel tragitto in macchina, durato mezz'ora, non ho incontrato nessuno, come se fossi in un paese fantasma. Quando al supermercato si incrocia qualcuno l'impressione è di estrema paura e diffidenza, ci si guarda di traverso. Tutti indossano mascherine e guanti. Anche i ragazzi, come i miei figli, sono chiusi in casa, non c'è più la voglia di uscire perché si è consapevoli di essere possibili portatori di un contagio mortale".
Le 'gambe' al virus le offre chi continua a muoversi senza un reale motivo. "Faccio un appello a tutti: state a casa, non auguro a nessuno di vivere quello che sta succedendo a Nembro, a Bergamo, in Lombardia dove la sanità funziona bene, dove la Regione sta facendo tutto per rispondere a questa emergenza ma dove contiamo centinaia di morti al giorno e continueremo ancora a contarli a lungo. È un disastro, seguite le regole".
A Nembro "un'intera generazione, quella che ha 70-80 anni, sta sparendo. Ci sono tante storie di dolore. C'è una donna morta tre giorni dopo aver seppellito sua madre, fratelli e sorelle scomparsi in un lampo eppure erano tutti pensionati attivi. Solo quando usciremo da questa quarantena, da queste auto privazioni paragonabili alla guerra, capiremo davvero cosa abbiamo perso. Ci vorranno mesi, tanti, forse un anno per tornare alla normalità, ma ci rialzeremo", conclude Carlo.