Terzo grado di giudizio nell'inchiesta che ha svelato il cosiddetto Mondo di Mezzo. Riprese video e registrazioni audio vietate in aula
di Assunta Cassiano e Cristiana Deledda
Ha preso il via questa mattina in Cassazione il terzo grado di giudizio per 'Mafia Capitale', l'inchiesta che ha svelato il cosiddetto Mondo di Mezzo. Un processo che ruota intorno al 416bis, il reato di associazione mafiosa caduto in primo grado ma riconosciuto in Appello. L'udienza, per i 32 ricorrenti assistiti da una sessantina di avvocati, si è aperta alle 10 nell'aula magna della Suprema Corte davanti alla VI sezione, presieduta da Giorgio Fidelbo, con la relazione cui seguirà la requisitoria dei rappresentanti della Procura Generale.
In apertura dell'udienza il presidente ha comunicato che non saranno permesse le riprese video e le registrazioni audio. Al momento, oltre ad oggi sono state calendarizzate udienze anche per domani e dopodomani con la possibilità di arrivare a una quarta, nella giornata di sabato 19 ottobre. Una scelta del presidente di sezione che tiene conto sia del numero dei ricorrenti che della complessità delle imputazioni. L'ultima parola sul processo spetta ora ai giudici della Suprema Corte con lo spettro per alcuni imputati, attualmente liberi o ai domiciliari, anche alla luce delle nuove norme come la legge "spazzacorrotti" di finire in carcere se la condanna dovesse essere confermata anche solo in parte.
Una sentenza che arriverà a cinque anni dall'operazione che con due retate, il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015, ha portato all'arresto di 37 e 44 persone. Una maxi inchiesta in cui la Procura, allora guidata da Giuseppe Pignatone, ha sostenuto che negli ultimi anni nella capitale abbia agito un'associazione di stampo mafioso, ''romana'' e con ''caratteri suoi propri e originali rispetto alle altre organizzazioni mafiose'', capace di mettere le mani, con la complicità di politici e funzionari pubblici, sugli appalti pubblici: dai centri di accoglienza per i migranti ai campi nomadi, dal verde ai rifiuti.
A capo della cupola romana, secondo l'accusa, il ras delle cooperative Salvatore Buzzi e l'ex Nar Massimo Carminati. In manette per corruzione finiranno anche imprenditori, consiglieri capitolini, assessori e nomi 'eccellenti' della politica quali l'ex consigliere e capogruppo Pdl in consiglio comunale e poi in Regione Luca Gramazio, unico tra i politici ad avere l'associazione mafiosa.
Il maxi processo si apre il 5 novembre 2015 e si conclude 20 mesi dopo, il 20 luglio 2017, con la sentenza di primo grado: condanne pesanti (meno di 300 anni di carcere complessivi rispetto ai 500 chiesti dall'accusa) ma senza il riconoscimento del 416bis, l'associazione mafiosa. Quarantuno condanne e cinque assoluzioni: Salvatore Buzzi viene condannato a 19 anni mentre Massimo Carminati a 20 anni, Luca Gramazio, invece, a 11 anni. Sentenza che viene ribaltata in Appello l'11settembre 2018 con il riconoscimento della mafiosità dell'associazione per 18 dei 43 imputati. Per l'ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il ras delle coop romane Salvatore Buzzi le pene in Appello vengono ridotte. I due vengono condannati rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi.