Si tratta di 12 fra i principali referenti dei 'Drughi', di 'Tradizione-Antichi Valori', dei 'Viking', del 'Nucleo 1985' e di 'Quelli … di via Filadelfia'. Gli investigatori: "Metodi mafiosi". 37 indagati per associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. Mazze e Mussolini, il sequestro agli ultrà bianconeri. Morra: "Infiltrazioni in tutti gli sport". "Biglietti o vi rompiamo il cu..": le minacce degli ultrà
"Last Banner" è il nome dell'operazione della Polizia di Stato di Torino, coordinata dal Gruppo Criminalità Organizzata della locale Procura della Repubblica, che ha portato all'arresto ad opera della Digos di 12 capi e principali referenti dei 'Drughi', di 'Tradizione-Antichi Valori', dei 'Viking', del 'Nucleo 1985' e di 'Quelli … di via Filadelfia', indagati a vario titolo per associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata (VIDEO). 39 le perquisizioni con la collaborazione delle Digos in tutta Italia nei riguardi di 37 fra i principali referenti dei gruppi ultrà (e anche del 'N.A.B. – Nucleo Armato Bianconero', anch'essi indagati nell’ambito della medesima indagine).
Mazze e Mussolini, il sequestro agli ultrà bianconeri
Le indagini dei poliziotti della Digos, durate oltre un anno, sono scaturite da una denuncia sporta dalla Juventus che ha consentito al Gruppo Criminalità Organizzata della Procura di Torino di acquisire incontrovertibili elementi probatori in merito ad una precisa strategia estorsiva attuata dai leader dei principali gruppi ultrà bianconeri nei confronti della società calcistica. L'interruzione, alla fine del campionato 2017/18, di alcuni privilegi concessi ai gruppi ultrà ha infatti determinato, spiegano gli investigatori, sin da subito, una "reazione" dei leader storici che, hanno definito una capillare strategia criminale per "ripristinare" quei vantaggi soppressi ed affermare nuovamente la posizione "di forza" nei riguardi della Juventus.
E' stata inoltre accertata la capillare attività dei "Drughi" per recuperare centinaia di biglietti di accesso allo stadio per le partite casalinghe della Juventus, avvalendosi di biglietterie compiacenti sparse su tutto il territorio nazionale.
Su 37 persone complessivamente indagate, 6 sono in carcere, 4 ai domiciliari mentre per due è scattato l’obbligo di dimora. Tutti gli indagati sono colpiti da provvedimento Daspo fino a un massimo di 10 anni. Nel corso delle indagini sono state fatte 225 mila intercettazioni. Tra il materiale sequestrato oltre a striscioni, stendardi, magliette, un bassorilievo raffigurante il volto di Mussolini e una targa con medaglia al 'Miglior capo' ritrovata nella casa del leader dei Drughi Gerardo Mocciola. Gli arrestati nell’operazione della Digos sono alcuni tra i principali leader juventini dei Drughi, Umberto Toia, Christian Fasoli, Salvatore Cava, Geraldo Micciola e Domenico Scarano. Ai domiciliari Fabio Trinchero, Giuseppe Franzo, Roberto Drago e Luca Pavarino. Obbligo di dimora per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale.
"Come le cosche mafiose cercano di controllare il territorio, così le persone coinvolte nell’indagine cercano di controllare una parte dello stadio, in particolare la curva sud, con comportamenti tipici di metodi mafiosi, come le intimidazioni" ha spiegato Patrizia Caputo procuratore aggiunto, coordinatore del gruppo criminalità organizzata, che ha proseguito "il tifo è un pretesto, quello che hanno fatto per la Juventus potevano farlo per qualunque altra squadra che potesse garantire un giro di denaro come quello della Juventus perché poi è questo ciò che interessa a questi soggetti". "Però - ha precisato il magistrato - per contestare il 416 bis ci vuole qualcosa di più, non ci sono condotte sufficienti per contestare il reato di associazione di stampo mafioso e tra l’altro, nella nostra indagine non abbiamo elementi di contatto fra questi gruppi ultrà e organizzazioni mafiose", ha osservato ancora.
"La Juventus è parte lesa ed è stato possibile raggiungere questo risultato a 360° grazie alla collaborazione della Juventus". Così il capo della Digos di Torino, Carlo Ambra commentando la maxi operazione. "La Juventus - ha aggiunto - ha lavorato con noi, con la polizia di Stato sin dall’inizio, ha fatto la denuncia alla Digos e ci ha seguito passo per passo fino al risultato finale".
"Gli arrestati sono persone che hanno fatto della violenza uno stile di vita", spiegano gli investigatori in conferenza stampa. Sottolineando che il ritrovamento di simboli e materiale di estrema destra "è un aspetto marginale", gli investigatori hanno aggiunto: "Si tratta di persone che sono state arrestate non perché commettevano reati fuori dallo stadio ma all’interno dell’impianto ai danni della Juventus e quando dovevano far valere il loro potere e imporre i loro diktat non si fermavano neppure se si trovavano di fronte a bambini".
Alcune parti della curva sud della Juventus sono state di fatto ''interdette'' ai tifosi cosiddetti 'normali' (alcuni sono stati sentiti a sommarie informazioni e hanno confermato i soprusi degli ultrà) anche attraverso "la delimitazione con nastri" e con il "materiale allontanamento di coloro che si avvicinavano, senza quindi tener conto della titolarità del posto indicato dal biglietto posseduto, riservandole invece ai soli aderenti ai gruppi ultrà". "Analoghe condotte prevaricatrici'', spiegano gli investigatori, sono state messe in atto "nei confronti di alcuni 'Club Doc Juventus'" ai quali, in alcune occasioni, è stato "imposto di rimuovere gli striscioni nonché nei riguardi del neo sodalizio ultras 'True Boys', mai accettato in curva".
Gli investigatori hanno inoltre chiarito come le "condotte intimidatorie" messe in atto "anche dai leader del gruppo dei Nab ai danni degli altri frequentatori della curva (sulla base di un cliché comune anche ad altre tifoserie) siano state finalizzate a imporre (avvalendosi della forza intimidatrice tipica delle organizzazioni criminali) tutte le strategie dei gruppi ultrà (quali unici detentori del tifo organizzato)".