25 anni fa, a 11 giorni dalla strage di Capaci, il giudice antimafia ospite di un convegno AdnKronos sulla droga riceve un biglietto di minacce. Un ‘pizzino’ con presagi di morte. E quello sguardo che cambia sul volto del magistrato in un documento che rivisto a distanza di 25 anni mette i brividi.
Mancavano solo 11 giorni all’Attentatuni, il tritolo per Capaci era già partito quando in un convegno sulla droga organizzato dall’AdnKronos a Roma, una mano anonima ricordava a Falcone che stava arrivando la sua ora. Una delle tante minacce che accompagnavano la vita del magistrato. Una delle infinite promesse di morte che dal fallito attentato dell’Addaura di tre anni prima si erano fatte sempre più reali. Ma quel foglietto forse fu l’ultimo pizzino di morte, l’ultimo avvertimento prima di quel boato che il 23 maggio 1992 sventrò l’autostrada uccidendo con Giovanni Falcone anche sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.