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Etiopia, ambasciatrice a Roma: "E' il Tplf a non volere soluzione pacifica"

Secondo Demitu Hambisa Bonsa, "la principale causa del conflitto", è che il Fronte Popolare di liberazione del Tigray (Tplf) vuole tornare al potere

Chiesa di Lalibela, città etiopica patrimonio Unesco, ripresa dalle truppe etiopi
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22 dicembre 2021 | 17.30
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"E' il Tplf a non volere una soluzione pacifica". Intervistata dall'Adnkronos, l'ambasciatrice etiope a Roma Demitu Hambisa Bonsa, sottolinea che il conflitto in Tigray è iniziato il 4 novembre 2020 con l'attacco delle forze del Fronte di Liberazione popolare del Tigray (Tpfl) ad una base dell'esercito etiope. "La principale causa del conflitto", afferma, è che il Tpfl voleva tornare al potere da cui era stato spodestato con le proteste di massa del 2018.

"Per questo - dichiara - il Tplf ha cominciato a comportarsi come uno stato nello stato", compreso il rifiuto di obbedire "all'ordine delle corti federali di arrestare alcuni alti funzionari sospettati di violazione dei diritti umani" durante il loro governo.

"Il Tpfl - continua l'ambasciatrice - ha sempre lavorato per discreditare le riforme del primo ministro Abiy Ahmed, continuando a cospirare". "Il gruppo terrorista del Tpfl ha perseguito diverse tattiche per tornare al potere e mantenere la sua egemonia nelle attività politiche e socio economiche dell'Etiopia", compresa la "costituzione di forze irregolari". "L'attacco al comando settentrionale delle Forze nazionali di difesa etiopiche - rimarca - è stato un crimine di alto tradimento che nessun stato sovrano poteva tollerare", "per questo il governo federale ha dovuto lanciare le attuali operazioni per far rispettare la legge e proteggere l'ordine costituzionale". E sono gli stessi esponenti del Tplf ad ammettere di aver dato inizio al conflitto con il loro attacco.

"Il governo etiope è stato molto tollerante verso le provocazioni del Tplf all'inizio, ritenendo che la forza non può essere una soluzione nel mondo contemporaneo. Il governo ha tentato ogni mezzo pacifico per fermare la destabilizzazione e lavorare assieme per il miglioramento del paese. Tuttavia è il Tpfl a non volere una soluzione pacifica", dice l'ambasciatrice. Dopo "la tregua unilaterale umanitaria" proclamata in giugno dal governo per permettere le attività agricole, con il ritiro delle truppe dal Tigray, "le forze terroriste del Tplf hanno invaso le regioni vicine di Amhara e Afar e hanno esteso la loro occupazione".

Alla domanda su cosa può fare la comunità internazionale per aiutare la pace, l'ambasciatrice risponde: "Vi sono buoni amici dell'Etiopia nella comunità internazionale che sostengono il paese nel suo sviluppo, la pace e la sicurezza. Nessun altro paese potrebbe tollerare un simile attacco ai propri militari e così l'Etiopia sta facendo contro i gruppi terroristi che hanno attaccato le sue forze di difesa. Alcuni amici dell'Etiopia stanno esprimendo sostegno per le azioni del governo".

"L'Etiopia -sottolinea - apprezza i paesi che condannano l'attacco del Tplf contro i militari etiopi e i civili in Amhara e Afar. In questo momento critico, la comunità internazionale può aiutare l'Etiopia sostenendo le sue attività umanitarie e gli sforzi di ricostruzione con rispetto verso la sovranità e l'integrità territoriale del paese".

Quanto alle accuse di violazione dei diritti umani, l'ambasciatrcie sottolinea che il governo federale ha ritirato le sue truppe dal Tigray il 28 giugno e quindi al momento "non c'è guerra in Tigray". "Ora tutti i massacri e le sofferenze sono per le persone in Afar e Amhara, ma per qualche ragione l'Occidente non se ne preoccupa, parlando molto del Tigray".

Per quanto riguarda il periodo precedente "il governo ha fatto le proprie indagini e intrapreso misure correttive compresa la detenzione delle forze di sicurezza sospettate di violazioni dei diritti umani. L'ambasciatrice ricorda inoltre le indagini della Ethiopian Human Right commission (Ehrc), "accreditata con status di livello A dalla Global Alliance of National Human Rights Institutions (Ganhri)", e il rapporto del 3 novembre 2021c del Joint Un Human Rights office - Ethiopian Human Rights commission che accusa il Tplf di gravi violazioni e massacri in diverse località di Amhara e Afar.

Il paese è sicuro e Addis Abeba lo è anche di più", dice l'ambasciatrice, contestando la decisione di vari paesi di esortare i propri cittadini presenti nel paese africano a tornare in patria per ragioni di sicurezza.

"Alcuni paesi lo hanno fatto in buona fede", ma altri "lo hanno fatto intenzionalmente a sostegno della propaganda del Tplf. Ci sono diplomatici che lavorano giorno e notte per creare un'Etiopia instabile e divisa. Ci sono diplomatici che sostengono l'avanzata del Tplf verso Addis Abeba, e i loro media fanno lo stesso", afferma l'ambasciatrice. In una recente intervista, aggiunge, il portavoce del Tplf Getachw Reda ha detto che "gli Stati Uniti e altri paesi occidentali vogliono che il Tplf entri ad Addis Abeba. Quindi è chiaro che qualcuno vuole un cambiamento di governo in Etiopia."

Molte località, fra cui Dessié, Lalibela e Kombolcha sono state liberate dalle forze etiopi guidate dal primo ministro Abiy Ahmed, sottolinea. "La vittoria sta procedendo rapidamente. Non c'è guerra attorno ad Addis Abeba. Anche nelle regioni di Amhara e Afar l'avanzata del Tplf è stata ribaltata. La situazione reale in Etiopia è molto diversa rispetto a quanto descritto dai media occidentali. Addis Abeba è assediata soltanto nelle news di alcune testate. Non c'è pericolo che la guerra arrivi ad Addis Abeba", afferma l'ambasciatrice.

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