Tre video della Fie puntano a sensibilizzare su una malattia che colpisce 3 milioni di italiane
"Le donne che soffrono di endometriosi sono penalizzate due volte: dalla malattia e da un contesto socio-culturale" denso di stigma. Lo denuncia la Fie, Federazione italiana endometriosi, che dà oggi il via a una campagna per raccontare le difficoltà vissute ogni giorno dalle pazienti. Attraverso tre video, realizzati insieme a Oej Agency, la Fie vuole lanciare "un messaggio forte di sensibilizzazione contro tutti i pregiudizi e gli ostacoli che oltre 3 milioni di donne in Italia sono costrette ad affrontare quotidianamente, nei più svariati contesti sociali, a partire dalla famiglia e dal lavoro, a causa della loro malattia". Una condizione che "troppo spesso genera luoghi comuni e giudizi sbagliati, che finiscono per 'paralizzare' ancora di più la persona che soffre di endometriosi, portandola a non agire e a chiudersi in se stessa".
I video, che saranno diffusi da oggi sui canali social della Fie e all'interno della community ufficiale che conta oltre 42mila iscrizioni - spiega la Federazione in una nota - riportano numerose testimonianze di pazienti con endometriosi e di chi vive a stretto contatto con loro. Testimonianze di donne, dunque, ma anche di uomini - padri, mariti, fidanzati, amici - interrotte da voci senza corpo che impediscono a chi parla di raccontare la propria esperienza.
"Abbiamo detto più volte che l'endometriosi è una malattia invisibile, una malattia difficile da comprendere per chi non ne è vittima e che genera spesso giudizi superficiali o veri e propri pregiudizi e comportamenti discriminatori - afferma Pietro Giulio Signorile, presidente della Fie - Le donne che soffrono di endometriosi spesso sono penalizzate due volte: dalla malattia e dal contesto socio-culturale. Per questo è importante diffondere quanto più possibile la conoscenza di questa malattia, sostenere la ricerca con il 5x1000 e invitare le istituzioni a effettuare azioni concrete a sostegno delle donne che devono convivere con questa invisibile patologia invalidante, per cui ad oggi non ci sono cure, ma solo terapie".