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Banche, così gli extraprofitti sono finiti nelle 'riserve'

Incasso zero per lo Stato, ma comunque benefici dal calo dello spread

Denaro in contanti
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23 settembre 2024 | 17.04
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Nelle casse dello Stato dovevano entrare almeno 2,5 miliardi, alla fine - come ha ammesso lo stesso ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - non è entrato un centesimo. La tassa sugli extraprofitti - che aveva infiammato il dibattito all'inizio di agosto 2023 - puntava a raccogliere una imposta pari al 40% calcolata da una parte sulla differenza tra interessi passivi e attivi tra il 2021 e il 2022, con una franchigia del 3% mentre dall'altra avrebbe toccato l’eccedenza del 6% maturata tra 2021 e 2023. Il tutto con un versamento entro il 30 giugno 2024.

Ma, dopo l'alzata di scudi immediata delle banche, era arrivato il 'freno' con le critiche della Bce e della Banca d’Italia, che avevano portato al varo di un emendamento che permetteva agli istituti di scegliere se pagare la nuova tassa o destinare queste somma a riserva. Per l'esattezza "al fine di rafforzare la struttura patrimoniale degli istituti di credito" il governo aveva offerto "la facoltà di non versare l’imposta, destinando un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta dovuta a una riserva non distribuibile". Inutile sottolineare che le banche hanno scelto questa seconda opzione, nonostante nel solo 2023 abbiano messo a bilancio un totale di oltre 43 miliardi di euro di utili, secondo una analisi della Fabi.

A inizio maggio era stato lo stesso ministro dell'Economia in Question Time a riconoscere l'incasso zero: "Al momento non risultano essere pervenuti versamenti, esattamente come previsto dalla relazione tecnica" aveva spiegato, precisando tuttavia un effetto benefico 'secondario'.

Infatti, "il rafforzamento patrimoniale delle banche ha contribuito a mantenere o addirittura a migliorare i livelli di rating" dell'Italia, e questo ha "costituito uno dei fattori che ha contribuito alla riduzione dello spread registrato negli ultimi mesi". E se cala il differenziale con i Bund tedeschi, calano i rendimenti dei titoli emessi e da questo deriva "un risparmio in relazione agli interessi passivi". Come dire, un beneficio indiretto ma comunque tangibile, anche se difficile da quantificare.

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