Dalla Sicilia a New York per ambizione non per la fame
C’è una foto scattata dal fotografo danese Jacob A. Riis nel 1888 che è entrata nell’immaginario collettivo dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti. Raffigura un gruppo di ceffi poco raccomandabili in un vicolo buio del Lower East Side quando era uno dei peggiori ‘slum’ di Manhattan. Quell’immagine fu pubblicata in un volume dal titolo esplicativo: “Come vive l’altra metà”: una denuncia delle condizioni di vita negli affollatissimi e fatiscenti condomini in cui famiglie di 10 persone condividevano un’unica stanza. Ma se quella che ci è stata consegnata dal lavoro di Riis è la metà meno fortunata, da chi era composta l’altra metà?
La letteratura e il cinema ci hanno consegnato tantissime storie di miseria e di emancipazione – spesso criminale – dell’emigrazione italiana, ma tendono a dimenticare un’altra realtà, quella degli italiani che lasciarono i porti di un Paese dilaniato dalle guerre di indipendenza non per miseria, ma per far fruttare i propri talenti in un luogo che offriva opportunità leggendarie: l’America.
E la storia di una di queste famiglie, i Montalto, è raccontata nel romanzo ‘I Malarazza’, di Ugo Barbàra (Rizzoli, 496 pagine, 19 euro) nella parabola che li porta da Castellammare del Golfo, in Sicilia, fino nella New York della seconda metà dell’Ottocento.
È il maggio del 1860 e mentre Garibaldi si prepara a sbarcare in Sicilia, Antonio Montalto ha un’intuizione: cedere parte delle terre che hanno fatto la fortuna della sua famiglia – che da sempre produce olio e vino – in cambio di un piccolo veliero. Al paese intero pare un folle ma a lui non interessa; ha capito prima di tutti dove sta soffiando il vento del cambiamento e non può restare a guardare. Sa che se vuole realizzare le proprie ambizioni deve staccarsi dalla terra dei suoi padri per guardare oltreoceano.
Inizia così l’avventura che, tra l’arsura di Castellamare e il fragore di New York, incrocerà la grande Storia e darà vita a un impero fondato sulle imprese visionarie di Antonio, ma soprattutto sulla caparbietà della moglie Rosaria, capace di gettare le basi per un progetto che travalica il loro tempo: la fondazione di una banca americana con una presidente donna. Intorno a loro e ai sei figli, si intrecciano le esistenze di una schiera di figure memorabili, tra cui la giovane Bianca che, lasciata la sua esistenza siciliana per seguire la padrona Rosaria, si rifà una vita come speziale nella città americana. E Nicola, suo segreto amore, che scopre come i fantasmi possano inseguirlo anche di là dal mare.
Quella narrata da Barbàra è finzione, ma è frutto di una approfondita ricerca e di uno scavo nelle personalità dei protagonisti che la trasformano in una storia paradigmatica di quelle di tanti che lasciarono l’Italia spinti non dalla fame e dalla miseria, ma dalle proprie ambizioni e dalla capacità di immaginare un altrove dove dare concretezza ai propri sogni. Una narrazione che, incrociando i grandi della Storia, da Garibaldi a Lincoln, e vicende che hanno plasmato i popoli, dallo sbarco dei Mille alla Guerra Civile americana, cesella in un ritmo incalzante una vicenda che ha in sé gli ingredienti di ogni grande romanzo: personaggi umanissimi, amori e destini da sovvertire.