di Paolo Martini - Per Giovanni Spadolini era la "fanciullina", per la redazione del "Corriere della Sera" "la zarina", per la gestione arrogante, secondo una definizione di Indro Montanelli, che quando ruppe con lei per la linea politica del quotidiano di via Solferino spostata a sinistra (fondando di lì a poco 'Il Giornale") la bollò come "dispotica guatemalteca".
Ciò che non è mai mancato a Giulia Maria Crespi - donna di potere, imprenditrice brillante, discendente di una importante famiglia di cotonieri lombardi - è stato il coraggio. Come quando licenziò Spadolini (che pure aveva scelto in sostituzione del "conservatore" Alfio Russo) e nella sua veste di accomandataria della proprietà del "Corriere", impose alla direzione Piero Ottone e dettò la nuova linea progressista del quotidiano della borghesia italiana. O come quando fu protagonista di Italia Nostra impegnata in mille battaglie e fondatrice del Fai - Fondo Ambiente Italiano.
"La vita mi ha dato molto, ma quello che mi ha dato se l'è ripreso con tanto di interessi, dal momento che le cambiali in bianco prima o poi vanno onorate. Sì, perchè ho avuto il cancro, anzi, ne ho avuto sei", ha scritto nell'autobiografia "Il mio filo rosso. Il 'Corriere' e altre storie della mia vita" (Einaudi, 2015).
Nata a Merate (Lecco) il 6 giugno 1923, Giulia Maria Crespi è stata sposata due volte: con il conte Marco Paravicini (morto in un incidente dopo 4 anni di matrimonio nel 1956), padre dei suoi gemelli Aldo (morto tragicamente in un incidente stradale all'età di 65 anni lo scorso 14 maggio); con l'architetto Guglielmo Mozzoni (1915-2014).
Dopo la morte degli zii Mario e Vittorio Crespi e a seguito della grave malattia del padre Aldo nel 1960, Giulia Maria si trovò a gestire come accomandataria (ovvero responsabile della linea e del bilancio) la proprietà del "Corriere della Sera". La "zarina" licenziò nel 1968 il direttore Alfio Russo e nominò Giovanni Spadolini, che avvicinò la linea politica del giornale al centrosinistra.
Dopo quattro anni anche Spadolini fu licenziato anticipatamente nel marzo 1972 e al suo posto nominò Piero Ottone. La procedura seguita fu giudicata autoritaria e indignò i giornalisti del "Corriere", che al termine di un'agitazione ottennero di essere consultati dagli editori in caso di cambiamento del direttore.
Lo spostamento più a sinistra della linea politica del giornale coincideva però con una fase estremamente delicata nell'andamento finanziario del gruppo editoriale, che chiuse il 1972 con un deficit di un miliardo e 800 milioni di lire. Già all'epoca si parlò molto della sua amicizia con Mario Capanna, leader della contestazione studentesca milanese nel 1968, al punto che alcuni si inventarono persino una storia d'amore tra i due; una leggenda su cui la stessa Giulia Maria ha sempre sorriso.
La nuova linea politica (solo in parte condivisa dagli altri comproprietari) e il crescente sbilancio della società, indussero Mario Crespi Morbio e gli altri proprietari a ritirarsi dal "Corriere": il 26 marzo 1973 essi comunicarono a Giulia Maria l'intenzione di cedere le quote di loro proprietà. Questa a sua volta rese noto il 18 maggio che il padre Aldo lasciava la presidenza onoraria della società editrice e che ella stessa assumeva la piena responsabilità della gestione; pochi giorni dopo divenne di pubblico dominio che Mario Crespi Morbio e i Leonardi avevano venduto le loro due quote (ciascuna per 14 miliardi) agli industriali Gianni Agnelli e Angelo Moratti, che lasciarono a Giulia Maria la responsabilità della gestione editoriale.
Alla fine del maggio 1973 il "Corriere" formulava il suo nuovo programma di lavoro, ispirato a ideologie democratiche più avanzate. Tale programma però non era condiviso da alcuni autorevoli giornalisti del quotidiano, tra i quali Montanelli, che - inviso a Giulia Maria e colpevole di avere rilasciato un'intervista fortemente critica nei confronti del giornale al quale ancora apparteneva - venne immediatamente allontanato dal "Corriere" (17 ottobre 1973).
Nel frattempo la crisi finanziaria si aggravava ulteriormente e al 31 dicembre 1973 il passivo delle testate facenti capo al "Corriere" aveva raggiunto la cifra di sette miliardi e mezzo di lire. Le preoccupazioni per i proprietari non erano comunque solo di ordine economico, poiché all'interno del giornale la redazione stava conducendo un'aspra lotta rivendicativa rivolta allo scopo di accrescere la partecipazione dei giornalisti alla direzione del "Corriere".
Quando il 30 marzo 1974 fu siglato un accordo fra il direttore Ottone e i redattori che instaurava una sorta di governo "collegiale" del giornale, nè Giulia Maria nè Agnelli nè Moratti apprezzarono gli elementi innovativi e persino "rivoluzionari" contenuti in quell'accordo. Agnelli anzi prese in seria considerazione la possibilità di sganciarsi definitivamente da un'impresa editoriale che stava diventando, oltre che passiva, di difficile coordinamento.
Vi furono allora diversi progetti di nuove combinazioni finanziarie, ma le iniziative di Agnelli non portarono ad alcun risultato perchè improvvisamente il 10 luglio - ufficialmente per motivi di salute, molto probabilmente per l'impossibilità di ottenere adeguati finanziamenti che le permettessero di rilevare le quote degli altri due comproprietari - Giulia Maria annunciò di ritirarsi dal giornale che era appartenuto per quasi novant'anni alla famiglia Crespi, e di avere ceduto la sua quota, per ventun miliardi, all'editore Andrea Rizzoli. Poco dopo Rizzoli acquistò, ad un prezzo assai minore (rispettivamente quattordici e nove miliardi), anche le quote di Moratti e di Agnelli.
Nel frattempo l'energica Giulia Maria dal 1965 al 1975 aveva lavorato attivamente nell'associazione Italia Nostra e una volta lasciato ogni incarico editoriale nel 1975, con Renato Bazzoni, fondò il Fai - Fondo Ambiente Italiano, di cui era fino ad oggi presidente onorario. Per quarant'anni da imprenditrice si è dedica attivamente a diffondere il metodo biologico e biodinamico in agricoltura e ha condotto, assieme un'azienda agricola di famiglia nella Pianura Padana, le Cascine Orsine, a Bereguardo, nelle campagne di Pavia.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti in tutta Italia, tra cui dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine "al merito della Repubblica italiana".