Oltre all’autore della strage accusato di omicidio, tentato omicidio e lesioni post choc, due indagati del poligono hanno rinunciato all’udienza preliminare andando direttamente a giudizio, ammesse 36 parti civili
Sono trentasei le parti civili ammesse dal gup di Roma nel corso dell’udienza preliminare che vede imputato Claudio Campiti, l’uomo che lo scorso undici dicembre ha aperto il fuoco durante una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo di via Monte Gilberto, a Fidene, uccidendo quattro donne: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. Oltre ai familiari e amici delle vittime, ai feriti, e alle persone presenti alla riunione, oggi alcuni di loro presenti in aula a piazzale Clodio, sarà parte civile nel procedimento anche il consorzio.
Nell’inchiesta del pm Giovanni Musarò, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, dopo le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, a Campiti vengono contestate le accuse di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, di tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Oltre che per Campiti la procura ha chiesto il processo anche per il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto a Roma dove l’11 dicembre Campiti prese l’arma utilizzata poi per compiere la strage. Entrambi, accusati di omissioni sul controllo e la vigilanza sulle armi, hanno scelto però di rinunciare all’udienza preliminare andando direttamente a giudizio con la prima data del processo fissata nel 2024.
Le parti civili hanno chiesto di chiamare come responsabili civili il ministero dell’Interno, quello della Difesa e il Tiro a Segno Nazionale – sezione di Roma che avevano funzioni di controllo sul poligono. Le parti civili, ammesse oggi, fra cui familiari e amici delle vittime, hanno sottolineato con la loro richiesta come la sottrazione dell’arma dal poligono di Tor di Quinto non fosse il primo caso avvenuto e che quindi addetti e vertici del poligono, dell’Unione italiana Tiro a segno e i ministeri della Difesa e degli Interni si sarebbero dovuti attivare. In particolare, il dicastero della Difesa viene chiamato in causa dalle parti civili perché l’Unione italiana Tiro a segno è sottoposta alla vigilanza del ministero e non avrebbe ottemperato all’obbligo di garantire la sicurezza omettendo di esercitare il suo potere, causando, secondo le parti civili, una ‘’situazione di pericolo durata per anni’’.
Per quanto riguarda il ministero dell’Interno, viene individuata la sua competenza per quanto attiene ai compiti di pubblica sicurezza nell’utilizzo delle armi. Nell’istanza si fa riferimento in particolare a un fatto avvenuto nel febbraio 2022 quando un uomo aveva inserito nell’app della polizia una segnalazione relativa alla volontà di recarsi in Vaticano utilizzando un’arma che avrebbe prelevato al tiro a segno, dove è stato intercettato da una pattuglia del commissariato Ponte Milvio e tre giorni dopo un ispettore aveva redatto una relazione di servizio diretta al dirigente del commissariato. Una segnalazione a cui veniva allegato il regolamento del tiro a segno nazionale e il 21 febbraio il primo dirigente segnalava alla questura che ‘’l’ingresso e l’uscita non sono vigilati e l’armeria dove si ricevono le armi si trova in prossimità dell’uscita e ciò renderebbe molto facile a malintenzionati portare via dal poligono le armi e le munizioni appena ricevute’’.
E per questo il dirigente segnalava che ‘’per evitare questo rischio la direzione potrebbe consegnare e ritirare armi e munizioni direttamente sulla linea di tiro’’. Una segnalazione inviata via Pec il 21 febbraio e che il dirigente aveva trasmesso anche il 26 agosto sollecitando una risposta non avendo ricevuto alcun riscontro. A giudizio delle parti civili, la segnalazione del febbraio 2022 e il sollecito di agosto avrebbero potuto impedire la strage avvenuta poi il successivo 11 dicembre. Sulla richiesta il gup di Roma si è riservato. La prossima udienza è fissata per il 16 ottobre.
“Oggi primo passo per le parti civili e le famiglie delle vittime, tutte ammesse senza eccezioni. L’obiettivo è la chiamata in causa dei ministeri dell’Interno e della Difesa come responsabili civili - commenta all’Adnkronos l’avvocato Massimiliano Gabrielli, uno dei legali di parte civile - per affermare le gravissime responsabilità negli omessi controlli delle procedure di sicurezza nel poligono e sanzionare gli enti con i danni punitivi. Il gup deciderà nei prossimi giorni”.