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Migranti, Schintu (Cri): "A Lampedusa meno arrivi ma da Europa serve risposta diversa"

Il vice segretario generale della Croce Rossa Italiana: "In hotspot chiave vincente è umanità, arrivano persone non dollari'

Ignazio Schintu vice segretario generale Cri
Ignazio Schintu vice segretario generale Cri
10 gennaio 2025 | 16.47
LETTURA: 5 minuti

In un anno, dal 2023 al 2024, gli arrivi di migranti sull'isola di Lampedusa sono diminuiti di quasi il 50%. Ma sarebbe un errore pensare che il fenomeno migratorio stia terminando. Anzi, oggi più che mai, serve che l'Europa dia una risposta diversa. A parlare con l'Adnkronos è il vice segretario generale della Croce Rossa italiana Ignazio Schintu, in occasione della diffusione dei dati sul lavoro svolto dalla Cri negli ultimi due anni di gestione dell'hotspot di Contrada Imbriacola.

"Nell'ultimo anno a Lampedusa c'è stata una riduzione degli arrivi di migranti di circa il 50%: a fronte degli 80.609 del 2023, nel 2024 ne sono arrivati 45.997 - spiega Schintu - Teniamo presente però che c'è una situazione internazionale e geopolitica che è cambiata, ci sono nuovi conflitti, e questi dati non devono farci illudere che il fenomeno migrazione sia terminato, anzi potrebbe essere proprio il contrario. Dobbiamo considerare che, come è successo negli anni passati, dalla primavera araba in poi, ci sono momenti di pausa e momenti di ripresa, come è stato sicuramente il 2023, e che nel frattempo si sono aperte anche altre rotte, come quella delle Canarie, tra l'altro molto più pericolosa di quella su Lampedusa, e la rotta dei Balcani. Mi occupo di questo fenomeno da più di 30 anni e ci sono sempre stati momenti di alti e momenti di bassi, noi ci prepariamo anche per numeri più alti. In questo momento c'è una situazione internazionale molto complessa e di conseguenza pensare che gli sbarchi possano finire mi sembra improbabile".

Dal 1 giugno 2023 ad oggi - data in cui la Croce Rossa ha preso in gestione il centro di Lampedusa - sono 126mila i migranti accolti nell'hotspot a fronte di 3.010 sbarchi (1.915 nel 2023 e 1.095 nel 2024). Un dato influenzato sia dalla situazione internazionale che dai provvedimenti adottati dal governo italiano. "Il quadro internazionale è molto incerto - continua il vice segretario della Cri - penso a Gaza, alla Siria, anche al Bangladesh, da cui se guardiamo i numeri proviene il 20% dei migranti arrivati sull'isola. Norme chiuse sicuramente riducono il numero degli arrivi ma con 8mila chilometri di coste, la migrazione non è un fenomeno che si può ridurre con una norma: l'abbiamo visto anche l'anno scorso, alla fine comunque si arriva".

Secondo la Croce Rossa il vero nocciolo della questione però "non sono le leggi che possono essere introdotte da questo o quel Paese ma l'Europa che dovrebbe dare una risposta diversa". "Non è possibile pensare che un Paese come l'Italia vada in crisi per 120mila arrivi - continua Schintu - Una politica attenta avrebbe fatto attenzione: siamo un Paese che sta invecchiando, che avrà bisogno di tanta manodopera di un certo tipo, prima o poi ci dovremmo arrendere. Certamente dovrà restare chi avrà titolo per farlo ma sarà normale vedere persone di altri Paesi che stanno in Italia, in Europa, e che si occuperanno di quello che facciamo noi oggi. Basta pensare a quello che accadeva nei primi anni Novanta con gli albanesi: se ci fossimo girati dall'altra parte forse l'Albania non sarebbe il Paese che è oggi". Sulla lista di Paesi sicuri, Schintu non vuole esprimersi. Si attende la decisione dei tribunali italiani e dell'Europa, ma su una cosa non ha dubbi: "se lo chiede alla Croce Rossa, per noi ogni essere umano è libero". "A Lampedusa, in questo anno e mezzo di gestione, abbiamo individuato 5mila vulnerabilità - racconta - e sono tantissime. I nostri professionisti hanno raccolto minori e vittime di tratta".

Il tema dei soccorsi in mare rimane al centro della questione perché, come ha ricordato il presidente di Cri Rosario Valastro, "per molti il mare si rivela non un sereno compagno di viaggio ma un avversario severo". Troppe le vite spezzate, troppi i corpi di cui nessuno sa nulla e che nessuno ha mai raccolto. "Non sappiamo quante migliaia di persone ci siano in quel tratto di mare diventato un cimitero - sottolinea Schintu - Ci sono persone che partono ma che non hanno nessuno che li cerca e che nessuno saprà mai se hanno toccato la terraferma o se sono stati inghiottiti dal Mediterraneo. Dalle storie che ci raccontano le persone che arrivano da noi, purtroppo credo che i numeri dei morti in mare siano sottostimati e che siano molti di più di quelli che sappiamo". Ritorna così l'idea di un progetto di soccorso europeo in mare. "L'Italia non può fare tutto da sola. Il soccorso deve essere fatto dall'Europa e - dice - credo che se si riproponesse, come c'è stato in passato, un progetto europeo di soccorso in mare e poi di redistribuzione potremmo evitare che quel cimitero cresca ancora. Una missione europea potrebbe salvare tante vite".

Intanto l'hotspot di Lampedusa negli ultimi due anni è diventato una realtà che funziona. Con una parola d'ordine: umanità. "Non posso descrivere cos'era quando ci ho messo piede la prima volta - dice il vice segretario della Croce Rossa italiana - Sia la politica sia il Dipartimento delle libertà civili ci hanno lasciato mano libera per trovare delle soluzioni. Abbiamo capito che il problema non era soltanto la struttura, ma anche chi ci stava dentro e i rapporti con i lampedusani. L'hotspot era diventato un ghetto da cui tutti stavano lontano. In 15 giorni abbiamo ristrutturato il centro, lo abbiamo reso vivibile, abbiamo immaginato che potesse dover accogliere anche numeri molto alti e abbiamo aumentato la portata delle cucine, dei bagni, delle docce. Oggi il centro è in grado di rispondere anche a crisi come quella di settembre in cui sono arrivate 12mila persone". La convenzione con la Cri scade il 31 dicembre ma nei prossimi mesi si dovrebbe già sapere se la gestione resterà in mano a loro. "Chi arriva a Lampedusa viene trattato da essere umano: non c'è un dollaro ma una persona che di conseguenza riceve quello che deve ricevere, da un 'ben arrivato in Italia' a un cambio di vestiti, qualcosa da mangiare, la possibilità di parlare con un medico e con uno psicologo. E questo lo facciamo per ogni persona che arriva - spiega Schintu - Abbiamo triplicato il personale: da 80 a 100 dipendenti, più 50 volontari, che si sono alternati in questo anno e mezzo. Persone formate per la gestione dell'essere umano e questa è stata la chiave vincente. Qui arrivano esseri umani che hanno vissuto un dramma, come può essere qualsiasi altra calamità naturale o antropica, a cui devi dare prima assistenza e devi fare in modo che in questo centro ci stiano il meno possibile. Fondamentale è stata anche la collaborazione con tutti, dalle forze di polizia alle altre organizzazioni".

(Manuela Azzarello)

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