Il Capo di Stato Maggiore ha detto ieri che "l'esercito è fatto per prepararsi alla guerra"
Se gli utenti social si sono divisi, tra gli esperti raccoglie approvazione il discorso del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale di Corpo d'Armata Carmine Masiello, che all'inaugurazione dell'anno accademico e scolastico degli istituti di formazione dell'Esercito ha sferzato i commilitoni dicendo che "l'esercito è fatto per prepararsi alla guerra".
Il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare e attuale presidente della Fondazione Icsa, commenta all'Adnkronos: "Il nostro è un Paese in cui passa inosservato un ministro della Difesa emerito che, senza batter ciglio, pensa e si adopera per riconvertire l'esercito in una costola della Protezione Civile, o dove i militari impiegati in supplenza per una funzione propria del ministro dell'Interno, quella dell'ordine pubblico e della sicurezza, eccedono per numero quelli impiegati nelle decine di missioni internazionali, o dove chiunque si senta in pericolo per carenza di controllo del territorio, crimini di strada e così via invoca l'intervento dell'esercito e si allarma invece quando un capo di Stato Maggiore richiama l’attenzione generale sulla missione propria delle Forze Armate, relegando implicitamente e giustamente tutto il resto a supporto -doveroso- in situazioni di emergenza".
"La polemica alimentata dalle parole del generale Masiello è certamente il segno di una incultura della difesa dominante, conosciuta, dura da combattere ma in qualche maniera scusabile - continua il generale Tricarico -. Ciò su cui invece non dovrebbero essere ammesse attenuanti è la scarsa o nulla attenzione che larga parte del mondo della politica dedica alle Forze Armate, non fosse altro che per il fatto che esse ogni anno spendono più di trenta miliardi di denaro pubblico, per l’impiego del quale non si sentono che stucchevoli, dilettantesche e superficiali considerazioni non degne neppure di un bar. Quanti ospedali si potrebbero costruire con un F35 o cose di questo tipo?". "Quando il mondo brucia e un pensiero serio su come gestire questa transizione al buio è doveroso in tutti, soprattutto da parte di chi è alla guida della cosa pubblica - prosegue il generale Tricarico -. Bene ha fatto quindi Masiello a sfidare l'ipocrisia dominante e a richiamare implicitamente l'attenzione sui doveri elusi da parte di molti".
"L'auspicio pertanto è che la polemica suscitata si tramuti in un confronto serio su come gestire questa fase della nostra storia mai così densa di insidie e che le dichiarazioni sintetiche e di carattere generale del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito vengano 'spacchettate' in approfondimenti concreti sul futuro della nostra Difesa e sulla collaborazione internazionale, ad iniziare dall’ambito europeo, abbandonato anche esso ad un vasto quanto vacuo coro declaratorio privo di alcuna concretezza", conclude il generale Tricarico.
Secondo il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Folgore, Masiello ha "dato voce a una realtà che prescinde dalla situazione attuale. Non vedo nelle sue parole un assurdo richiamo alla necessità della guerra o addirittura l'auspicio di un conflitto che tutti speriamo non ci sia. Vedo semplicemente un richiamo alla realtà".
"Le forze armate - sottolinea il gen. Bertolini - servono a prepararsi per la guerra, senza la prospettiva della quale sarebbe sufficiente una buona forza di polizia o una buona protezione civile; e a tale eventualità si devono preparare, acquisendo così capacità che se necessario possono essere utili anche in altri contesti, come in caso di calamità naturali, come dimostrato ripetutamente, o nelle cosiddette operazioni di pace". "A livello nazionale c'è stata un'interpretazione ideologica del dettato costituzionale - continua il gen. Bertolini - secondo cui con l’articolo 11 l'Italia non si limita a ripudiare la guerra, ma ad 'abolirla' addirittura, facendo ipocritamente finta che si tratti di un fenomeno del passato, anacronistico, che non ci riguarda. Ma se fossimo stati più onesti con noi stessi, avremmo già visto con la guerra nei vicinissimi Balcani e con quelle conseguenti alle 'primavere Arabe', che riguarda anche i nostri tempi e la nostra area geografica ".
"L'esercito basa la propria efficacia sulla tecnologia, ma anche e ancora sulla massa, principio essenziale dell’'arte della guerra' come dimostra il conflitto in Ucraina. In altre parole, c'è bisogno di molti uomini - sottolinea il gen. Bertolini – addestrati e forti fisicamente, nonché motivati a perseguire gli interessi del proprio paese. Invece, l'Esercito è stato anemizzato dal punto di vista numerico, ridotto a un contenitore di ‘professionisti’, mettendo in sordina dal punto di vista semantico il termine 'soldato' per sostituirlo con 'volontari' o con i retorici richiami alle 'donne e uomini delle Forze armate', come se si trattasse di un’attività lavorativa qualsiasi. Che si sia arrivati all’assurdo dei sindacati per un’attività che si distingue dalle altre proprio per la loro assenza, era quindi prevedibile". "Se ci fosse bisogno, non potremmo improvvisare il reclutamento di ingenti quantità di uomini - prosegue il gen. Bertolini – ma non abbiamo più riserve a cui attingere, avendo abolito la leva che le produceva e lo strumento è fatto da quelli che definiamo ‘volontari’ o ‘professionisti’, come se il termine ‘soldato’ puzzasse, sempre più vecchi, mentre la guerra è roba per giovani, purtroppo". "Masiello ha dato voce, approfittando delle preoccupanti contingenze attuali, a una realtà che per gli addetti ai lavori era nota da sempre ma non si poteva proclamare a chiara voce perché turbava l'opinione pubblica", ha concluso il gen. Bertolini.