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Incendio emporio cinese a Milano, arrestato esecutore e fermati mandanti

Nel rogo doloso vennero uccisi tre giovani cinesi di 17, 18 e 24 anni. Movente legato a un debito di circa 40mila euro

Incendio a Milano
Incendio a Milano
03 dicembre 2024 | 14.40
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Un uomo è stato arrestato e due sono stati fermi per l’incendio doloso che la sera del 12 settembre scorso distrusse un emporio in via Ermenegildo Cantoni a Milano, uccidendo i tre giovani cinesi di 17, 18 e 24 anni che si trovavano all’interno.

L’arrestato, catturato in Olanda su mandato d'arresto europeo, è il 26enne Washi Laroo di nazionalità olandese, che materialmente appiccò le fiamme, poche ore dopo aver minacciato i proprietari dell’emporio. È accusato di omicidio volontario, incendio doloso e tentata estorsione, così come i due mandanti, fermati oggi in Italia. Il movente - a quanto si apprende - è legato a un debito di circa 40mila euro che i proprietari dell’emporio avrebbero contratto con uno dei due mandanti, per dei lavori di ristrutturazione in provincia di Udine.

Uno dei due uomini fermati dai carabinieri del comando provinciale di Milano aveva in casa 1,3 chili di shaboo e circa mille pastiglie di ecstasy. L'uomo è stato quindi arrestato in flagranza per spaccio di sostanze stupefacenti. Le pastiglie di ecstasy erano marchiate con i simboli del 'geco' e dei 'bitcoin'. Oltre alla droga, durante le perquisizioni nei due appartamenti, sono stati trovati anche bilancini e materiale per il confezionamento, 45.000 euro in contanti, gli abiti indossati il giorno dell'incendio, e altro materiale ricollegabile al rogo.

Chi è l'uomo arrestato in Olanda per omicidio

"Armato e pericoloso", veniva classificato dalle autorità olandesi Laroo. Residente a Middelburg, in Olanda, ha precedenti di polizia per numerosi reati nel suo Paese dove è stato anche indagato per tentato omicidio (il procedimento è stato poi archiviato).

In Italia, dove non ha mai vissuto e dove non ha alcun interesse, il 26enne è invece "completamente sconosciuto a qualsiasi banca dati nazionale", scrivono il pm Luigi Luzi e il procuratore Marcello Viola nel decreto di fermo nei confronti dei due mandanti.

I due mandanti

I presunti mandanti invece sono due uomini cinesi residenti a Milano che, secondo gli inquirenti, avrebbero anche fornito appoggio all'esecutore materiale nelle fasi precedenti e successive al rogo. Yijie Yao, 34 anni, è titolare di una ditta di edilizia di cui è dipendente l'altro fermato, Bing Zhou, 40 anni.

Yijie Yao, il 34enne, è stato intercettato la mattina del 14 ottobre mentre dice ripetutamente che il padre del proprietario dell'emporio di via Cantoni a Milano "si è meritato l'incendio" perché "è un figlio di cane, è molto cattivo". Le frasi sono dette a bordo di un'Audi con cui Yijie Yao aveva recuperato un operaio, per portarlo in un cantiere a Desio, in provincia di Monza e Brianza.

L'auto passa vicino a via Cantoni ed è lo stesso Yao a parlare dell'incendio avvenuto poco più di un mese prima. "Più avanti c'è il magazzino che era stato incendiato", fa notare. Da lì i due iniziano a parlare del padre del titolare dell'emporio di via Cantoni, l'uomo che poco prima dell'incendio aveva denunciato di essere stato minacciato. Yao rivendica nei suoi confronti un debito di 40mila euro e, parlando con l'operaio, racconta di non essere l'unico creditore. "Veramente non è umano, ha debiti in giro che non riesce più a calcolare. E' una persona di merda, è molto tirchio", racconta il 34enne, che poi accusa la vittima della tentata estorsione anche per le morti dei tre ragazzi uccisi dall'incendio. "Ha lasciato le persone lì, con sola una porta davanti, non ce n'è neanche una dentro, non c'è neanche un estintore".

Bing Zhou, invece, che vanta nei confronti di Yao un credito di droga da 80mila euro, intercettato a inizio ottobre mentre parla con un'altra persona in macchina, dice: "Se non me li salda, gli darò fuoco... Chiamerò il pazzo per farlo venire". Il "pazzo" secondo gli inquirenti è proprio Laroo, fuggito in Spagna due giorni dopo il rogo. Da lì ha diversi contatti telefonici con Zhou, che gli intima di non tornare in Italia "per un anno", perché "è pericoloso, se ti prendono" ci sono "grossi problemi". "Io non sono una checca, tengo la bocca chiusa", cerca di rassicurarlo Laroo.

Con il passare dei giorni, il clamore mediatico generato dall'incendio in cui sono morti i tre giovani e l'identikit dell'esecutore materiale comparso sui media (i tre sono rassicurati solo dal fatto che l'uomo ritratto ha "un naso grosso a patata", diverso da quello del 26enne), Laroo si spaventa. "Ho paura, fratello", ammette in una conversazione telefonica con Zhou il 9 ottobre. E ancora il primo novembre: "Non va bene, amico. Ho tanta paura che la polizia mi becca".

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