'Dopo tante esperienze autodistruttive il percorso di cambiamento e rinascita a 35 anni, oggi serve formazione anche per medici che conoscono poco i nostri corpi'
"Nato in un corpo che non riconoscevo, ho vissuto momenti difficili. Dolore, incapacità di comprendere il mio stesso disagio, esperienze autodistruttive. A cambiare il corso della mia vita è stato 'un dono', a quasi 35 anni, quando mi imbattei, su Internet, in un gruppo di persone che vivevano una condizione simile alla mia ma che avevano intrapreso un percorso di transizione. E cominciai a capire un po' meglio ciò che non ero riuscito ancora a decifrare. L'informazione è stata il grande regalo, ciò che mi ha salvato davvero". A raccontare la sua storia, all'Adnkronos Salute, è Miki Formisano, 59 anni, Michela alla nascita, oggi presidente dell'associazione Cest (Centro salute trans e gender variant) che, non a caso, ha tra i suoi obiettivi principali fornire informazioni "chiare e puntuali" a chi si rivolge a loro.
"Quella in cui ho vissuto la mia esperienza era un'altra epoca. Per molti anni mi sono sentito isolato, era difficile trovare persone con cui confrontarsi. Da allora molti passi avanti sono stati fatti. Oggi le famiglie e i ragazzi sono sicuramente più informati. Ma ci sono molte cose ancora da fare, tanti diritti ancora negati, anche in settori 'sensibili' come la salute. Non possiamo permetterci passi indietro in nome di visioni prettamente ideologiche che non tengono conto delle persone, della loro sofferenza, della nostra vita, della nostra realtà", aggiunge Formisano. "Sono nato a Taranto, a Sud. In quegli anni non si parlava di transessualismo. E nel caso ci si riferiva a transizioni da maschio a femmina. Io mi consideravo come una ragazza lesbica, anche se non riuscivo realmente a identificarmi. Sono stati momenti bui, anche perché sin dall'asilo mi sentivo già maschio, ma non riuscivo a esprimermi. Pensavo di avere una percezione sbagliata".
L'adolescenza "è arrivata come un terremoto. Il mio corpo ha cominciato a trasformarsi proprio come io non volevo: il seno, il ciclo. E' stato devastante - sottolinea - Io non avevo strumenti a cui ricorrere per un sostegno, un aiuto, un chiarimento, né ne aveva la scuola o la famiglia. Ho soffocato il mio disagio e il mio dolore ricorrendo alle sostanze stupefacenti che per molti anni sono diventate padrone di me. Era il mio modo di lenire la sofferenza, un percorso autodistruttivo e doloroso che mi distraeva dalle ferite che avevo dentro. Ci ho messo tanti anni per giungere alla consapevolezza che è arrivata nel momento in cui sono approdato, casualmente alla fine degli anni '90, all'informazione che viaggiava in rete, attraverso l'incontro virtuale con un gruppo di persone, assegnate alla nascita femmine, che erano in procinto di fare percorsi di affermazione di genere. Uno di loro lo aveva terminato. E' stata la svolta e anche l'inizio di un cammino per passare oltre la sofferenza, lasciarla alle spalle".
In quel periodo, spiega Formisano, "non avevo mai sentito parlare di disforia di genere, o più correttamente 'incongruenza di genere'. E gli uomini trasgender non erano 'visibili'. Grazie a quell'incontro in rete ho scoperto l'esistenza di centri che seguivano persone che, come me, volevano intraprendere un percorso di affermazione di genere. Da qui c'è stata una rinascita completa, l'abbandono delle sostanze, un cammino orientato al futuro: un orizzonte che non avevo mai visto prima". Una strada intrapresa "sicuramente tardi e che evidenzia l'importanza di avere attenzione per le persone con incongruenza di genere il prima possibile, già dall'adolescenza. E la necessità di informare e offrire sostegno psicologico ai ragazzi perché non si sentano soli e angosciati, come accadeva a noi".
Rispetto al passato "la differenza sostanziale è che se ne parla. Finalmente le persone transgender sono visibili, sostenute, non c'è l'abbandono scolastico che c'era un tempo", aggiunge Formisano che ricorda anche come il carico burocratico di questo percorso si sia ridotto, "erano necessarie due udienze: ci si sentiva più imputati che persone che volevano affermare un diritto. Oggi di passi ne abbiamo fatti tantissimi che vanno a beneficio dell'intera società perché evitano sofferenza e disagio. Per questo credo che si dovrebbe dare più spazio nelle scuole per parlarne e, soprattutto, serve fare attenzione a non retrocedere".
Tra i diritti che ancora si fatica ad affermare, quello alla salute. "I diritti negati sono tantissimi. Abbiamo lottato per ogni cosa ottenuta. Dal punto di vista della salute spesso abbiamo l'impressione di diventare invisibili. Anche perché molte volte gli operatori sanitari non sono preparati, non conoscono i nostri corpi, serve più formazione. E poi ci sono gli screening di prevenzione nei quali spesso non veniamo inclusi. Su questo, e in generale sulla salute, stiamo lavorando, anche come associazione Cest, che prende in carico, su tutto il territorio nazionale, le persone sul piano psicoterapeutico con l'online, attivato già prima del Covid. Abbiamo inoltre creato una rete nazionale di endocrinologi e seguiamo anche studenti che si trovano fuori dall'Italia per studio o lavoro. A Taranto, poi, abbiamo attivato un centro multidisciplinare di consulenza (endocrinologia, ginecologia, ostetricia, urologo) con la Asl cittadina", conclude.