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Auto elettriche, una filiera italiana per dare una seconda vita alle batterie al litio

Nove soggetti hanno firmato un Memorandum of Understanding per sviluppare una catena del valore nazionale per la gestione del fine vita delle batterie al litio provenienti dal settore automotive

(Fotolia)
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14 ottobre 2021 | 11.50
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L’Italia è pronta per avviare una filiera nazionale per allungare la vita delle batterie delle auto elettriche: le principali aziende e associazioni del settore hanno fatto rete per creare delle fabbriche che possano dare una seconda vita alle batterie al litio. Una squadra compatta che si è presentata alle istituzioni a Milano, nel corso della conferenza che anticipa e_mob, il Festival della Mobilità Elettrica giunto alla sua quinta edizione.

Nove soggetti hanno firmato un Memorandum of Understanding per sviluppare una catena del valore nazionale per la gestione del fine vita delle batterie al litio provenienti dal settore automotive. Si tratta di aziende italiane dell’energia e dell’ambiente, di associazioni di categoria dell’automotive e di poli dell’innovazione: Class Onlus, Anfia, Cobat, Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria, Enel, Comau, Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, Rse, Flash Battery.

L’obiettivo è garantire il recupero della funzionalità di queste batterie, riconvertendole in sistemi di accumulo stazionari. Ovvero: la batteria di un’auto elettrica a un certo punto dovrà essere sostituita perché non più in grado di alimentare in maniera adeguata il veicolo. Tuttavia, quella stessa batteria può essere rigenerata e utilizzata all’interno di sistemi di stoccaggio dell’energia, come ad esempio quelli che servono per immagazzinare l’elettricità derivante dalle fonti rinnovabili. Nonostante infatti la vita utile di una batteria al litio per auto elettrica sia pari a circa 10-12 anni, la capacità residua quando viene smontata dall’auto può raggiungere ancora fino all’80% di quella nominale. Una percentuale significativa, ma che comunque la rende inadatta per una vettura. Eppure, quella batteria può essere ancora utilizzata. Basta riconvertirla e destinarla ad un altro utilizzo.

Le procedure di riconversione comprendono processi innovativi di testing, disassemblaggio e riassemblaggio che sono attualmente oggetto di sviluppo e ottimizzazione sia dal punto di vista tecnico che economico.

È qui che entra in gioco il progetto dei nove protagonisti della filiera che si sono impegnati ad avviare attività di ricerca e sviluppo per le seguenti attività: stoccaggio e messa in sicurezza degli accumulatori dismessi dai rispettivi settori di provenienza, prevedendo anche il recupero dell’energia residua contenuta; disassemblaggio e relativi pre-trattamenti attraverso tecnologie innovative che, sfruttando l’automazione robotizzata, favoriscano l'efficienza dei processi e lo svolgimento delle attività nel rispetto dei più alti standard di sicurezza; verifica dello stato di salute delle singole celle e/o moduli, attraverso metodi innovativi di stima della vita residua, per l’individuazione delle componenti ancora utilizzabili; ri-assemblaggio delle celle e/o moduli riutilizzabili e la produzione di nuovi pacchi di accumulo energetico, per applicazioni stazionarie. Oltre al second-life, il progetto ha anche lo scopo di sviluppare tecnologie e processi per il trattamento di riciclo delle celle e dei moduli risultati inutilizzabili, in accordo con i principi fondamentali dell’economia circolare.

Ogni partner sarà responsabile di una specifica attività in funzione della propria expertise. L’obiettivo dell’incontro tra i soggetti è stimolare i soggetti istituzionali, sia a livello locale sia nazionale, che possano validare il progetto e sostenerne il piano di intervento. Nel medio-periodo, la rete di aziende e associazioni punta alla creazione di una piattaforma collaborativa che consenta di agganciare il progetto di ricerca a politiche di intervento concrete e innovative.

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