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Attacco in Congo: voci di riscatto, sparatorie e giallo sulla scorta

Nuovi dettagli e punti da chiarire sulla dinamica che ha portato all'assassinio dell'ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci

Afp
Afp
22 febbraio 2021 | 18.30
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Un possibile "riscatto", uno "scontro a fuoco" tra ranger ed esercito da una parte ed un commando dall'altra, il giallo della scorta. Col passare delle ore iniziano a emergere nuovi dettagli sulla dinamica che ha portato all'assassinio dell'ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell'autista congolese, che secondo fonti locali si chiamerebbe Mustapha Milambo. Del convoglio, apprende l'Adnkronos da fonti di intelligence, avrebbe dovuto fare parte anche l'addetto consolare Alfredo Russo che però, per non meglio precisate ragioni, è rimasto a Goma.

Secondo un portavoce del Virunga national Park, all'interno del quale si è verificato l'accaduto, il convoglio del World Food Programme (Wfp) sul quale viaggiava Attanasio è stato attaccato alle 10.15 a Kibumba, a pochi chilometri da Goma, il capoluogo del Nord Kivu, una zona definita dagli analisti "molto instabile" e dove sono operative oltre 100 milizie tra cui un gruppo affiliato all'Isis.

Sulle circostanze esatte dell'attacco rimangono ancora dei punti da chiarire. Il governatore locale, Carly Nzanzu Kasivita, ha affermato che il convoglio, diretto nel territorio di Rutshuru per ispezionare le attività condotte dal Wfp, è stato fermato da un commando di sei uomini armati che hanno sparato colpi di avvertimento. Successivamente hanno ucciso l'autista congolese e condotto il resto del convoglio nella foresta.

Mambo Kawaya, presidente dei gruppi della società civile nella zona, ha spiegato ad 'Actualité.cd', un sito di notizie locale, che c'erano cinque persone nel veicolo di Attanasio quando è stato attaccato.

Il governatore, in una dichiarazione riportata dai media congolesi, ha dato credito all'ipotesi che l'obiettivo del commando fosse chiedere un "riscatto", precisando che sul posto - una volta allertati - si sono recati i ranger dell'Istituto congolese per la conservazione della natura e militari dell'esercito. "C'è stato uno scontro a fuoco", secondo Kasivita, e "gli aggressori hanno ucciso la guardia del corpo e l'ambasciatore".

Uno dei nodi da sciogliere riguarda il perché il convoglio si trovasse nella zona senza una scorta.

Secondo fonti d'intelligence, il governo locale aveva autorizzato il movimento senza scorta del convoglio del Wfp. Anche l'agenzia dell'Onu in una nota ha dichiarato che "precedentemente era stato autorizzato il viaggio su quella strada senza una scorta di sicurezza". "La situazione è molto delicata. Si sta lavorando, si sta cercando di capire", fanno sapere dal Wfp all'Adnkronos. Questa versione dei fatti non è confermata dalla polizia congolese. Il generale Abba Van, citato dall'agenzia tedesca 'Dpa', ha sostenuto che le forze di sicurezza non erano state informate della visita dell'ambasciatore nella zona e si detto "sorpreso" del fatto che il diplomatico si fosse recato nella regione senza una scorta nutrita.

Sulla responsabilità dell'attacco la nostra intelligence al momento sembra privilegiare la pista che porta alle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr-Foca), principale gruppo residuo di ribelli ruandesi di etnia Hutu. Ad avvalorare la tesi sono state le dichiarazioni del governatore del Nord Kivu, secondo cui uno dei sopravvissuti ha confermato che gli aggressori si sono parlati in kinyarwanda, lingua parlata in Ruanda e nei territori confinanti di Uganda e Repubblica democratica del Congo, e hanno parlato con gli ostaggi in swahili.

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