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CARTA VINI

Andrea Gori. Oste e sommelier 4.0

Oste e sommelier da sempre, Andrea Gori, dopo essere stato un innovatore digitale del vino agli albori di internet, ci racconta il futuro del vino e come sarà secondo lui una carta vini fra dieci anni.

Andrea Gori. Oste e sommelier 4.0
14 agosto 2022 | 09.40
LETTURA: 5 minuti

È oramai una vita che Andrea Gori gira intorno al vino e al mondo della ristorazione. Appassionato, dinamico e curioso è certamente una figura centrale nel mondo della comunicazione del settore. La sua curiosità lo spinge non solo ad accrescere la propria esperienza ma anche a comunicarla, con professionalità ma anche con quel linguaggio semplice e diretto. Lo fa da quando iniziò a condividere su YouTube le sue degustazioni, presentando vini e aziende, aprendo le porte di un nuovo modo di comunicare il vino.

Quarta generazione della famiglia Gori, proprietaria della storica Trattoria da Burde di Firenze, dove la carta vini è un vero e proprio monumento alla Toscana del vino e non solo, Andrea Gori ci parla di cosa oggi è innovativo nel mondo del vino e di come lo si comunica in una realtà come quella della sua celebre trattoria.

Nasci come ristoratore, poi come “sommelier informatico”, possiamo definirti un innovatore nella comunicazione di settore. Cosa credi sia innovativo oggi nel mondo del vino?

È innovativo chi cerca di unire le numerose istanze che arrivano al nostro mondo: vini complessi eppure semplici da bere, naturali ma senza difetti, longevi ma bevibili anche nel brevissimo periodo. Dal punto di vista comunicativo un grande passo avanti nella descrizione del vino è venuta dalla grande diffusione dei corsi WSET e scuola inglese: rispetto ai corsi sommelier classici italiani è stata una ventata di novità e soprattutto un tentativo di introdurre precisione dove c'era molta approssimazione e molto poco metodo davvero replicabile.
Personalmente, poi, amo tutti gli esperimenti applicati al disegno delle sensazioni di un vino e chi cerca di descrivere il vino con pittogrammi o emoticon, non saranno la soluzione ma rappresentano almeno la constatazione che il problema di parlare del vino in maniera diversa c'è e va affrontato e non solo per far avvicinare i giovani. Sono proprio i vini di oggi che sono diversi e non possono essere descritti con parole e mezzi nati per descrivere le fruit bomb molto legnose degli anni 90. Si pensi, ad esempio, alla "mineralità" e alla difficoltà di raccontarla.

La tua Trattoria da Burde è un locale storico, con una cucina schietta e aperto principalmente a pranzo: in un momento in cui di media si beve meno, come si spinge e si afferma il vino e come si veicola una carta importante?

Noi, da (quasi) sempre, mettiamo sui tavoli bottiglie diverse con prezzo in bella evidenza. La selezione di questi vini consigliati è la stessa di quelli presentati al calice e cambia ogni settimana. Ci piace che la bottiglia si trovi lì pronta all'uso e che le etichette addobbino il locale, questo rende il vino già protagonista quando i clienti si siedono a tavola. Inoltre, la lista dei vini al bicchiere dev'essere ampia ma non lunghissima, prezzi accattivanti ma non per forza bassissimi e poi tanta chiacchiera e istinto. Dalle prime frasi del cliente il bravo sommelier o l'oste deve capire con chi ha a che fare e proporgli qualcosa che gli faccia accendere una lampadina di interesse. Poi se dopo tutto questo non scatta la scintilla e si può ricorrere alla cara vecchia carta dei vini cartacea da sfogliare, che non sia però intimorente, ricca di informazioni ma non soverchiante. C'è pochissima ricerca grafica nelle carte dei vini (compresa la mia) ed è un peccato perché le possibilità sono infinite e aiuterebbero non poco un consumo maggiore del vino: penso a mappe e cartine ma anche disegni e riproduzioni di foto o quadri, paesaggi o ancora fumetti. Su questo hanno lavorato molto di più i distributori di vino che non i ristoratori ed è un peccato.

Se tu dovessi rifare una carta vini da zero, con un budget importante, pensandola in prospettiva di 10 anni che referenze sceglieresti?

Farei una sezione snella con gli immancabili: 2 o 3 referenze per Borgogna e qualcosa di più di Bordeaux; poi Champagne, Loira e Alsazia; Germania, Austria e Spagna; per l’Italia, Toscana, Piemonte, Veneto, bollicine della via Emilia. E poi punterei su nomi nuovi e difficili da trovare, storie belle da raccontare e personaggi del territorio che contribuiscono alla scoperta del luogo dove vengono a trovarsi i clienti. Un lavoro di ricerca che in dieci anni dovrebbe portare ad avere verticali di vini nuovi "classici" che magari hanno svelato territori nuovi o vecchi territori mostrati con diversa sensibilità. Mi piacciono le mappe quindi andrei davvero a fondo solo su una zona specifica o una regione, non necessariamente quella dove si trova il locale. Frequenterei, infine, qualche asta fidata pescando vini con decine di anni sulle spalle e li proporrei accanto alle nuove e nuovissime uscite.

Cosa beve Andrea Gori in segreto?

Documento quasi tutto quello che bevo, proprio in onore di comunicazione, quindi si può dire che non abbia segreti. Sicuramente più birra e cocktail - gin tonic, negroni, americano i miei preferiti - di quanto ne fotografi. Come tipologia di vino direi che la sera mi trovo sempre più spesso in sintonia con i rosati, con quelli riesco a staccare la spina della degustazione compulsiva e comprensiva di dettagli che ossessionano tutte le mie altre bevute di vino. Il rosa mette in pace i sensi e aiuta ad attivare il chakra del cuore.

Adnkronos - Vendemmie

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