Lo spettacolo, in cui lo spettatore in platea è parte integrante, in sala fino al 7 gennaio con Francesco Pannofino e Simona Marchini
"Quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare il film 'Mine vaganti', la prima domanda che mi sono posto è stata: come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate, sul palcoscenico? E la ricerca di una risposta mi ha portato un po' d'ansia...". E' quanto 'confessa' il regista Ferzan Ozpetek, impegnato nella direzione di 'Mine vaganti', con Francesco Pannofino e Simona Marchini fra gli altri, in scena fino al 7 gennaio al teatro Ambra Jovinelli di Roma, adattamento scenico del film da lui diretto, scritto assieme a Ivan Cotroneo e interpretato da un cast folto di nomi celebri come Riccardo Scamarcio, Ennio Fantastichini, Nicole Grimaudo, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Ilaria Occhini, Alessandro Preziosi, Massimiliano Gallo, Carolina Crescentini, Paola Minaccioni, Daniele Pecci.
"Si tratta di una commedia dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, in cui la piazza-pubblico in platea è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce", racconta ancora Ozpetek nelle sue note di regia, ricordando: "La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale. Poco dopo avviammo il progetto del film e oggi quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola".
Certo, spiega il regista e autore, "ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra il teatro nasconde e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento. Anche l'ambientazione cambia: ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina dell'entroterra napoletano tipo Gragnano, dove un 'coming out' ancora potrebbe suscitare scandalo".
Rimane ovviamente la famiglia Cantone, proprietaria di un grande pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli, anche se tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi familiari e rivelare la verità della sua identità sentimentale. "Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi a un cambiamento sociale ormai irreversibile - osserva Ferzan Ozpetek - con la parte del pater familias che è emblematica, drammatica e ironica allo stesso tempo".
(di Enzo Bonaiuto)